Zimmerwald, bocciata la mozione di Lenin. Prampolini condanna gli interventisti

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Due importanti convegni socialisti internazionali si svolsero in Svizzera a Primo conflitto mondiale iniziato. Si tennero il 5 settembre 1915 a Zimmerwald e il 24 aprile 1916 a Kienthal. Ciò si realizzò grazie al contributo decisivo dei Partiti socialisti italiano e Svizzero, e soprattutto all’impegno e alla tenacia di Angelica Balabanoff, di Oddino Morgari e dello svizzero Robert Grimm.
Com’è noto i socialisti europei erano profondamente divisi tra di loro. Quelli dell’Intesa giudicavano la guerra come un’occasione di liberazione, pensiamo all’irredentismo di Cesare Battisti, mentre i rappresentanti del socialismo austro-tedesco ribadivano il dovere del proletariato di difendere la patria.

A Zimmerwald si cercò di trovare una posizione comune sul conflitto in corso. I paesi rappresentati furono la Svizzera, gli olandesi, gli scandinavi, le minoranze francesi e tedesche, i rappresentanti della Federazione interbalcanica, delegati di tutte le varie correnti del socialismo russo capeggiati da Lenin e Trotsky per i bolscevichi e Martov per i menscevichi, per un totale di trentotto delegati. Mancarono solo gli inglesi che non riuscirono a procurarsi il passaporto falso per entrare in Svizzera.
La delegazione italiana comprendeva: Angelica Balabanoff, Oddino Morgari, G.E. Modigliani, Costantino Lazzari e G.M. Serrati.

Durante i lavori si verificarono scontri verbali estenuanti e feroci accuse reciproche tra la maggioranza e i bolscevichi. Potremmo semplificare il tutto affermando che Lenin era contro tutti e tutti erano contro di lui.

Il documento uscito al termine dei lavori, che raccolse comunque anche la firma di Lenin per la condanna che esprimeva verso il “socialpatriottismo”, risultò particolarmente duro nel condannare la guerra e invitò la classe operaia a battersi per conseguire una pace senza indennità, fondata sul diritto dei popoli all’autodecisione.

La mozione di Lenin, che intendeva “trasformare la guerra imperialista in guerra di classe” non fu tuttavia approvata. Il manifesto di Zimmerwald risultò un buon compromesso e venne pubblicato sia dall’Avanti! che da La Giustizia quotidiana il 15 ottobre 1915.

Il convegno si chiuse con la nomina di un ristretto comitato organizzativo (Commissione socialista internazionale) con sede a Berna, il cui lavoro portò, nel 1916, al secondo convegno di Kienthal. In rappresentanza di dieci paesi si presentarono 43 delegati, tra cui otto italiani. Risultarono assenti però due importanti rappresentanti della frazione riformista e uno della sinistra: Turati, Treves e Bordiga.

In Svizzera arrivarono invece Prampolini, Modigliani, Morgari, Lazzari, segretario del partito e Serrati, direttore dell’Avanti!

Le assenze di Turati e Treves, oltre a quella di Bordiga conferirono ai documenti approvati, seppur all’unanimità, un valore provvisorio e in ogni caso molto fragile. Per i riformisti i documenti votati assunsero, pur nella loro formale durezza, il significato di un comune orientamento di massima avverso alla guerra. Gli impegni presi non intaccavano, a loro parere, l’autonomia tattica dei partiti nazionali e non comportavano l’adozione di una linea strategica comune.
Prampolini e compagni spiegarono che la condanna alla posizione assunta dai partiti socialisti che avevano aderito alla guerra restava netta, ma nulla toglieva al fatto che essi restassero l’unica espressione organizzata del movimento operaio nei loro paesi e che, passata la bufera, con loro si dovesse lavorare per costruire la nuova Europa.

Quindi niente scissione dell’internazionale come aveva proposto l’estrema sinistra, guidata sempre di più dai bolscevichi e che trovava in Serrati e in Lazzari attenti, ma ancora incerti, estimatori.
Nelle tesi sostenute dall’estrema sinistra di Lenin, ricordata come la “sinistra di Zimmerwald”, si intravvidero dunque già i caratteri essenziali dei futuri partiti comunisti nazionali.
L’idea dell’insurrezione e della trasformazione della guerra imperialista in guerra sociale venne di nuovo respinta. In quella fase i centristi o meglio i massimalisti di Serrati e Balabanoff, pur molto combattuti, non se la sentirono di rompere definitivamente con la tradizione pacifista e non violenta del Psi.

Dopo confronti e discussioni estenuanti, rilanciarono il loro motto “né aderire, né sabotare”, finendo per rappresentare il punto d’equilibrio tra le due posizioni estreme, che per il momento permise il varo del documento conclusivo. Tale risoluzione finale previde il totale rinnovamento del comitato esecutivo dell’Internazionale e l’espulsione dei socialisti che avevano votato i crediti di guerra.

 

 




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