Si terrà questo fine settimana la terza edizione di “L’architettura dipinta in centro storico”, l’iniziativa che offre l’opportunità di ammirare lo straordinario patrimonio storico artistico culturale presente nel nostro centro storico con visite a dimore storiche private e pubbliche appositamente aperte per l’occasione. Dopo il successo delle precedenti edizioni, con oltre 150 persone in visita agli antichi palazzi del centro, sabato 7 ottobre si replica con l’apertura straordinaria di otto immobili storici situati nel centro storico di Reggio: cinque dimore di proprietà privata, due chiese e palazzo Carmi, proprietà del demanio e sede dell’Archivio di Stato di Reggio Emilia.
Le visite guidate (gratuite, ma su prenotazione su Evenbrite) sono a cura del Servizio Rigenerazione urbana del Comune di Reggio Emilia in collaborazione con Adsi – Associazione Dimore storiche italiane, sezione Emilia Romagna. A ogni visita sarà presente la proprietà o chi la rappresenta, un tecnico di riferimento o una guida storica artistica.
La visita all’Archivio di Stato è propedeutica alla seconda edizione della “Carta in dimora”, organizzata da Asdi – Associazione Dimore storiche, della quale alcuni dei proprietari dei palazzi privati sono soci. Il pubblico, diviso in due gruppi, verrà accompagnato dal personale dell’Archivio lungo i saloni interni situati al primo piano dove saranno esposti rari e inediti documenti, come le mappe sulla riqualificazione urbana e rinnovamento edilizio promosse dai duchi estensi e realizzate dagli architetti Marchelli tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, l’altro gruppo sarà intrattenuto dalla guida storica artistica che parlerà della storia di palazzo Carmi e degli aspetti architettonici di maggior rilievo.
Il calendario di visite è preceduto, venerdì 6 ottobre, alle ore 17.30, da un incontro al Portico dei Marmi dei Musei Civici, preparatorio alle visite del sabato e in cui si parlerà dell’evoluzione storica degli isolati e del contesto artistico cittadino; del rapporto tra gli edifici e i cortili e gli scaloni monumentali, spesso arricchiti da sfondi dipinti a trompe l’oleil, opera degli artisti reggiani; del Piano del Colore della città che individua le modalità per una corretta conservazione, manutenzione e salvaguardia di facciate ed elementi architettonici, dei relativi materiali e dei colori. Le visite guidate daranno infatti evidenza particolare alla ‘architettura dipinta’, presente sulle facciate dei palazzi e su muri e manufatti dei cortili.
Interverranno il vicesindaco Alex Pratissoli, la dirigente dei Servizi culturali Valentina Galloni, l’architetto Marina Parmiggiani, il vicepresidente Adsi – sezione Emilia Romagna Giuliano Manfredi. Saranno inoltre presenti per palazzo Rangone Mauro Severi e Claudio Rangone; per Santa Teresa Emilia Lampanti; per palazzo Carmi Vida Borciani.
IL PROGRAMMA DELLE VISITE
MATTINO
ore 9.15 ritrovo presso l’ingresso del Palazzo dei Musei, via Spallanzani 1
giro A
ore 9.30 villa Levi Terrachini con l’architetto Stefano Maccarini
ore 10.20 chiesa di Santa Teresa con l’architetto Emilia Lampanti
ore 11 ex convento di Santa Caterina – palazzo Sabattini, con l’ingegner Vittorio Sabattini
ore 11.40 ex convento di Santa Caterina – casa Marchelli con Maria Mesoraca
giro B
ore 9.30 ex convento di Santa Caterina – casa Marchelli, con Maria Mesoraca
ore 10.15 ex convento di Santa Caterina – palazzo Sabattini con Vittorio Sabattini
ore 11 chiesa di Santa Teresa con l’architetto Emilia Lampanti
ore 12 villa Levi Terracchini, con l’architetto Stefano Maccarini
giro C
visita a Palazzo Carmi – sede dell’Archivio di stato
a ripetizione alle ore 10, 11 e 12
POMERIGGIO
ritrovo ore 15 in corso Garibaldi
ore 15 palazzo Rangone con Mauro Severi e Claudio Rangone
ore 16 palazzo Bellentani – Gherardini di via Campo Marzio con Paolo Picciati e Cesare Bellentani
ore 17 chiesa dei Santi Girolamo e Vitale con Cristina Bertoli
La prenotazione è obbligatoria su Evenbrite. Sono disponibili 40 posti a gruppo.
MURI E ARCHITETTURE DIPINTE NELLA STORIA – Reggio Emilia è stata nei secoli scorsi più un luogo di soggiorno che di potere. Il suo tessuto urbano storico non ha quindi poli di attrazione di particolare evidenza, come avviene nelle città antiche capitali. E’ però particolarmente significativo a Reggio Emilia il tessuto connettivo della città, la trama continua di episodi sobri e decorosi, non magniloquenti, lontani dalla retorica e dall’esibizionismo. Una trama che si fa linguaggio caratteristico e caratterizzante della città attraverso i particolari dei fronti: nella ghiera di una finestra, nelle paraste angolari, nei medaglioni ornamentali, nei battacchi e nei pomoli dei portoni di ingresso. Il materiale che contraddistingue la città è il laterizio, quindi l’argilla cotta inframezzata da qualche dettaglio importante in pietra, quali i basamenti, le paraste angolari, i capitelli e le colonne dei portici e dei loggiati. Sono pietre che provengono dalla cave locali e dei dintorni: la pietra lavica proveniente dall’area di Canossa e Rossena, il calcare marnoso arenaceo e il tipico macigno dell’alta valle dell’Enza, oppure possono essere materiali provenienti dai territori contermini, quali le rocce lombarde e i calcari veronesi, i marmi di Carrara.
Le tipologie di finitura del fondo murario adottate attraverso i secoli a Reggio Emilia si possono così sintetizzare:
dal 1200 al 1400 – Le città, in particolare le facciate dei palazzi, sono ricche di colori, si rifanno al gotico francese. La Cattedrale spesso riveste il compito di trasmissione, nella facciata, della cosiddetta Biblia Pauperum, la Bibbia dei poveri, proponendo affreschi a soggetto sacro sul fronte dell’edificio, come era la Cattedrale di Reggio Emilia;
dal 1400 – Nel periodo rinascimentale inizia l’attività edilizia vera e propria derivante dall’intraprendenza privata, laica e religiosa. In particolare la nascente borghesia, che detiene maggiore possibilità economica in quanto si arricchisce per il rifiorire dell’attività commerciale, eleva i suoi palazzi come dimore signorili ed innalza gli edifici ad uso degli ordini religiosi. In questo periodo si continua la tradizione del laterizio, con esempi significativi nel centro storico di Reggio Emilia: palazzo da Mosto, palazzo Zoboli, palazzo Ruini, il monastero delle Grazie e quello di San Nicolò. Il mattone e l’ornamento in cotto non sono particolarmente preziosi, ma signorili e decorosi, e consentono un linguaggio elegante, raffinato e sobrio nello stesso tempo;
nel 1500 si ha notizia che sotto il portico delle Notarie, in piazza Grande, fossero dipinte immagini, memorie, iscrizioni. Inoltre erano in corso i lavori di decorazione della torre dell’Orologio. La città di allora doveva avere un cromatismo più intenso e frequente, che ci viene suggerito anche dalle cerimonie e feste che si tenevano in occasione dell’insediamento ufficiale del signore o per la visita di qualche importante personaggio. La città mostrava un gusto volto alla vivacità del colore, concretizzato nell’architettura comune e permanente della città, cosicché sebbene il mattone rimanga il materiale esclusivo di costruzione esso doveva venire ricoperto dal colore, se non interamente, certo per larghe fasce;
dal 1600 al 1800 non mutano le componenti materiali, continua la bicromia mattone-marmo per gli edifici religiosi e intonaco-mattone per gli edifici privati. Muta il tipo di linea ornamentale di portici, finestre, trabeazioni, che non vengono più plasmati in terracotta e lasciati al naturale, ma piuttosto nella scagliola o nello stucco, materiale che si presta ad essere variamente colorato. Lo stucco nel ‘600 reggiano avrà il suo momento di maggiore sviluppo architettonico, ad esempio nel complesso di palazzo Busetti (1671-1674) di piazza del Monte, dove decorazioni plasmate con questo materiale permettono sporgenze per le cornici delle aperture e dei fregi dell’apparato plastico decorativo. Dall’inizio del 1800 tuttavia gli edifici si presentano con una maggiore semplicità d’ornato: le costruzioni sono in mattoni, di buona fattura, ma perlopiù intonacate. Le parti decorative rimangono all’interno delle corti, nei cortili e nelle sale di rappresentanza, dove gli effetti di chiaroscuro si ottengono tramite l’uso delle differenti tinteggiature. La maggior parte degli edifici utilizza i moduli cari al neoclassicismo. Nelle costruzioni prevale il bugnato o finto bugnato nel piano terra; la parete invece ai piani superiori intonacata e colorata, ottenendo superfici chiare e semplici, equilibrate nella perfetta distribuzione di aperture, sormontate da altrettanto semplici cornici triangolari e ad arco di cerchio, modellate nel gesso e calcina e coperte di stucco;
infine rapporti cromatici e valori visivi mutano radicalmente nel XX Secolo, con l’utilizzo massiccio del nuovo materiale costruttivo: il cemento armato. La ricostruzione post bellica darà ulteriore impulso all’uso di questo materiale impegnato strutturalmente negli interventi di sostituzione edilizia degli edifici.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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