Sono due i cacciatori indagati – un uomo di 77 anni e il nipote di 53 – per la morte di Claudio Gentili, il pensionato 68enne ucciso mercoledì mattina a Leguigno di Casina con un colpo di fucile mentre raccoglieva maroni, nel castagneto noto come “la Garbaia”, dove era in corso una battuta di caccia al cinghiale. Si tratta di Tiziano Rossi, che è assistito dall’avvocato Claudio Vincetti, e del nipote Primo Croci Olandieri, difeso dall’avvocato Giuseppe Caldarola. Anche loro sono di casina, il paese dove Gentili si era trasferito dopo la pensione.
Giovedì mattina, intanto, i carabinieri hanno svolto un nuovo sopralluogo con l’ausilio del drone della Polizia provinciale per cercare di ricostruire le dinamica dell’incidente, avvenuto con scarsa visibilità a causa della fitta nebbia, e si attendono gli esiti dell’autopsia.
Marco Gentili – che lascia la moglie, un figlio e una figlia oltre a un fratello e a una sorella e a tanti amici increduli e addolorati – era molto conosciuto anche come infermiere e coordinatore per molti anni al Servizio dipendenze patologiche dell’Ausl.
“Commemorare un collega come Marco, responsabile delle Professioni sanitarie del SerDP dell’AUSL di Reggio Emilia, è un compito doloroso, reso ancora più lacerante dall’evento tragico della sua scomparsa e dalla consapevolezza dei suoi progetti di vita – hanno scritto oggi i colleghi – Marco ha rappresentato molto più di un semplice professionista: era una persona che ha sempre messo la salute delle persone più svantaggiate al primo posto, lavorando instancabilmente per migliorare la qualità della vita di chi vive ai margini della società.
La sua capacità di collaborare con il sistema di cure e con le reti socio-sanitarie per identificare e rispondere ai bisogni di chi era più fragile era evidente in ogni sua azione. Uno dei suoi contributi più importanti è stato legato al servizio “Bassa Soglia”, una realtà creata per offrire un sostegno concreto a chi, altrimenti, sarebbe stato lasciato indietro. Marco ha sempre dimostrato un impegno profondo per la mediazione linguistico-culturale, riconoscendo l’importanza dell’inclusione e dell’integrazione nelle cure. Inoltre, ha promosso con passione diverse iniziative legate alla promozione della salute, cercando di costruire ponti tra la comunità e i servizi sanitari.
Tra i ricordi più preziosi che i suoi colleghi custodiranno per sempre, spicca la sua dirompente allegria, capace di contagiare ogni membro del team. La sua presenza rendeva il lavoro di gruppo non solo più efficace, ma anche più umano. La sua disponibilità non conosceva limiti: Marco era sempre presente, soprattutto quando gli utenti del servizio dipendenze erano ricoverati, prendendosi cura delle persone più emarginate e fragili, accompagnandole durante le fasi delicate delle dimissioni.
La scomparsa di Marco lascia un vuoto immenso, ma il suo esempio di dedizione, umanità e allegria continuerà a vivere nei cuori di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e lavorare con lui. La Direzione e tutti gli operatori si stringono alla famiglia in questo momento di grande dolore.
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