Turati e la tragedia di Sacco e Vanzetti

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La drammatica vicenda a cui furono sottoposti negli Usa i due libertari italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, mobilitò nella protesta migliaia di persone in ogni angolo del mondo, fu al centro di grandi manifestazioni di solidarietà, mobilitò illustri intellettuali, mise in profondo imbarazzo i governi di molti paesi.
Segnalati entrambi come pericolosi sovversivi, quando il 15 aprile 1920 vennero assassinati e rapinati a South- Braintree (Massachusetts) il cassiere e il guardiano di una ditta con le paghe degli operai da due uomini poi fuggiti in automobile, i due emigrati italiani furono arrestati e accusati d’essere i colpevoli di quanto successo.

Nonostante molti testimoni avessero deposto che al momento del delitto i due italiani fossero stati lontano dal luogo del delitto, i giudici e i giurati, fra i quali si trovavano funzionari della potentissima ditta Plymouth Cordage Company, nella quale nel 1916 i due avevano promosso uno sciopero terminato dopo alcune settimane con la conquista di un significativo aumento salariale, sulla base di poche, contraddittorie e improbabili testimonianze, nel maggio 1921 li condannarono entrambi alla sedia elettrica.

A quel punto da ogni parte del mondo iniziarono a pervenire petizioni alla magistratura americana e dinnanzi al silenzio forzato del proletariato italiano, si levò alta la voce degli esuli italiani. Questi tramite Turati inviarono nel maggio 1927 un appello al Governatore del Massachusetts perché rivedesse gli atti processuali e riconoscesse l’innocenza agli imputati.
In verità già nel 1920 Turati era intervenuto in Parlamento per richiedere l’intervento del Governo finalizzato a salvare la vita ai due connazionali.

Oggi sappiamo che perfino l’Italia, Mussolini non di dimostrò affatto convinto della colpevolezza dei suoi connazionali, si mosse e tentò di strappare alla morte i suoi due emigrati. Funzionari del Ministero degli Esteri, l’ambasciatore italiano a Washington e il Console a Boston si mossero per avere la revisione del processo e poi per ottenere la grazia.
Un mese prima della esecuzione Mussolini scrisse, senza successo, una lettera all’ambasciatore americano a Roma Henry Fletcher perché intervenisse presso il Governatore del Massachusetts e ottenesse la grazia.

La sentenza, infatti, era già scritta da tempo e Sacco e Vanzetti ne erano perfettamente coscienti fin dall’inizio.

Turati scrisse e firmò l’appello del maggio 1927 a nome della Direzione del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, sezione dell’Internazionale Socialista Operaia.
Come si apprende dal libro di Alessandro Schiavi Esilio e morte di Filippo Turati, il leader socialista tra l’altro scrisse: “Sacco e Vanzetti non sono uomini nostri: essi sono, e saranno, anzi, nostri avversari. Ma essi appartengono, come noi- come Voi, senza dubbio, Signor Governatore- a quella più alta umanità, che abbraccia quanti rappresentano un nobile ideale, disposti ad affrontare per esso qualsiasi tormento.

A simili altezze, le diverse ed anche opposte fedi degli uomini si affratellano fra loro, e affratellano gli individui degni e capaci di incarnarle…D’altra parte, un giudizio così lungamente e universalmente discusso, irto di tante oscurità e contraddizioni, non può, senza palese iniquità, mettere capo a una sanzione, qual è la morte, feroce e irrevocabile…La morte di Sacco e Vanzetti non è necessaria al vostro Stato. Ma è necessaria a voi ed a noi, è necessaria ai destini della civiltà e alla fratellanza internazionale…Il vostro rifiuto di interessamento ucciderebbe ben più che due uomini, in agonia da tanti anni: ucciderebbe la reciproca fiducia tra i popoli civili; scaverebbe un solco di sangue tra l’Europa e l’America, che tutte le acque dell’Atlantico non riuscirebbero a colmare”.

La terza volta che Turati volle tornare sull’argomento fu in occasione del comizio di oltre ventimila persone al Cinque de Paris svoltosi pochi giorni prima l’esecuzione. In quella occasione Turati, parlando in francese, disse di portare la solidarietà di tutta la “Concentrazione Antifascista Italiana”.

Dopo aver ricordato i martiri italiani Matteotti, Amendola, Piccinini, don Minzoni e altri di altri paesi si soffermò sulla tragedia di Sacco e Vanzetti. “…Noi siamo vittime del fascismo europeo; essi sono vittime del fascismo degli Usa, poco importa se oltre Atlantico lo si chiama con altro nome! …Nessuno ignora che, quando la politica varca la soglia di un’aula giudiziaria, la giustizia fugge dalla finestra… In conclusione invocò ancora una volta la liberazione dei due italiani”.


Tutto fu vano. Il 23 agosto 1927 andarono sulla sedia elettrica. Da quel momento iniziò la loro seconda vita e al loro insegnamento si ispirarono le generazioni future. Dopo esattamente 50 anni, il 23 agosto 1977, il Governatore del Massachusetts Dukakis, rivolgendosi all’opinione pubblica mondiale, finalmente ebbe il coraggio politico e civile di pronunciare queste parole: “Io dichiaro che ogni stigma e ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti”.
Nel 1971 uscì il film Sacco e Vanzetti per la regia di Giuliano Montaldo che ebbe un enorme successo in Italia e all’estero e che contribuì a tramandarne il ricordo alle nuove generazioni.




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