Il tribunale di Bologna ha rigettato – a quanto pare per assenza di esigenze cautelari – la richiesta della procura generale di Bologna che nel 2020 aveva chiesto un provvedimento di custodia in carcere per Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia Nazionale ritenuto uno dei possibili esecutori della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, l’attentato terroristico che quel giorno costò la vita a 85 persone.
Attualmente è in corso l’udienza preliminare per l’ex “Primula nera”, accusato – a 40 anni di distanza dai fatti – di essere la quinta persona responsabile dell’attentato, in concorso con gli esponenti dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) già condannati in via definitiva: Giusva Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, quest’ultimo condannato in primo grado quasi un anno fa.
Secondo i magistrati della procura generale felsinea, titolare dell’inchiesta sui mandanti, l’attentato non fu opera soltanto dei Nar ma avrebbe visto il coinvolgimento, nonostante le diversità ideologiche, anche di soggetti appartenenti ad altre formazioni della destra eversiva dell’epoca, come Terza Posizione e Ordine Nuovo.
La richiesta di custodia cautelare in carcere per Bellini risale allo scorso febbraio, con un’integrazione presentata poi a giugno dello stesso anno. Secondo l’accusa la storia personale di Bellini – utilizzatore di armi ed esplosivi, autore di omicidi politici, legato alla destra eversiva e ai servizi segreti – è considerata coerente con l’identikit dei soggetti solitamente assoldati per partecipare a un’azione terroristica come quella di Bologna.
Bellini, sempre secondo l’accusa, avrebbe agito in concorso con i Nar già condannati e con Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti e ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato.
Tra gli indizi raccolti, oltre al video amatoriale che proprio la mattina dell’attentato in stazione ha ripreso un volto considerato compatibile con quello di Bellini, c’è il riconoscimento a opera dell’ex moglie di Bellini e la predisposizione di un “falso alibi” per la giornata della strage; a questo si aggiunge l’ingente disponibilità di soldi in Italia e all’estero, compresi alcuni depositi in Svizzera, giudicati non compatibili con un’attività delinquenziale “di basso profilo” come quella che Bellini apparentemente svolgeva.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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