Storie comuniste. L’ha detto il Partito

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Come il sorbolese Rinaldo Ebasta cantava, alla fine degli anni Sessanta del ‘900, rifacendosi a sonorità in stile anni Trenta, «Nostalgico e basta», protagonista del secondo lavoro di Cattabiani “L’ha detto il Partito. Storie comuniste e altre cronache”, racconta del paese immaginario della campagna emiliana Boscodimezzo, tra gli anni ’70 e l’inizio dei ’90. Precisamente fino al 3 febbraio 1991, quando il congresso di Rimini decretò la morte storica e politica del Partito comunista italiano, anticipando di pochi mesi quella dell’Urss, la patria del “socialismo”, nata dalla rivoluzione d’ottobre del 1917.

Un racconto in cui vita di paese e vita di partito (comunista) sono intrecciate indissolubilmente. Il dopo, dice Nostalgico, «sarà “una notte buia e tempestosa…” lunga, lunghissima», e tu vedi Snoopy, seduto sul tetto della sua cuccia, battere i tasti della macchina da scrivere. Mentre chi conosce la storia della letteratura inglese alzerà il dito per dire: «Scusate, ma è la frase scritta da Edward Bulwer-Lytton nel romanzo “Paul Clifford”, pubblicato nel 1830…».

Nel lavoro di Cattabiani, comunque, c’è tutto il “mondo di ieri” restituito al lettore attraverso lo stratagemma dell’intervista translitterando una sorta di effetto flou dalla tecnica visiva a quella della carta stampata. Risultato: un passato “artistico” impresso negli occhi di chi oggi si avvicina o è già, e abbondantemente, nelle terza età. Niente di male. Per chi invece è nel fiore dell’età (eh!) potrebbe apparire un’opera o didattica o didascalica. Dipende.
Le risposte di Nostalgico, come un ponte levatoio di un castello, ci fanno entrare nelle dinamiche che hanno governato «il più grande partito comunista dell’Occidente», visto attraverso la sezione, la casa del popolo, la cooperativa, la festa dell’Unità e la vita dei singoli “compagni” (e non) dal militante al segretario, dal sindaco all’«industrialotto», senza dimenticare né la Resistenza né il rapporto coi “figiciotti”, ossia i giovani comunisti della Fgci (Federazione giovanile comunista italiana), sempre più a sinistra del partito. Né, tantomeno, quello coi preti e democristiani. Di sghimbescio, ci sono pure i socialisti, per l’alleanza a sinistra.

E c’è la vita di campagna quella vera, che dell’ora legale non sa che farsene, come dice Nostalgico, sempre presente in tutti gli aspetti della vita quotidiana, protetta dall’ombrello del partito incarnato nella figura del compagno soprannominato Gromyko, che sistema tutto ciò che potrebbe sbandare e procurare problemi al partito, e non solo.
Un “saggio romanzato” socio-antropo-politico-culturale che parte da lontano, ma il cui fulcro si trova a pagina 100: la svolta della Bolognina del 12 novembre 1989. L’allora segretario dell’ancora Partito comunista, Achille Occhetto, in quella sezione di una zona popolare di Bologna, annuncia che il Pci avrebbe cambiato nome, perché l’«etichetta» comunista, con tutto ciò che era accaduto in quell’89, era diventata «Vecchia, usurata e compromessa: da ritirare dal commercio», così Nostalgico spiega il motivo della svolta.

Una «stappatura – prosegue – che fece uscire anche una parte buona del contenuto per aver forse incautamente agitato troppo e forse con troppa fretta, il contenitore. Gli schizzi finirono un po’ dappertutto. Ma, come si spiegò dopo, o così o non si sarebbe andati da nessuna parte. E a quel punto il contenuto sarebbe stato completamente inservibile. Non per colpe proprie, ma per via dell’etichetta».
Allora, nel racconto subentrano il “compagno” pro svolta e il “compagno” contro e un altro ancora, da sempre su posizioni riformiste, che con un’autointervista spiega a un altro “compagno” perplesso le necessità di abbandonare la «vecchia etichetta».

Prima di chiudere, c’è un passaggio che colpisce nella riflessione di Nostalgico: «Gli Stati, così come le persone, possono ammalarsi e morire per una serie di eccessi o di esagerazioni. Nel caso in questione [l’Urss], la malattia prima e la morte poi si erano fatte vive, invece, a causa di una mancanza. Era quella la febbre che il termometro del potere rilevava: mancava l’umanità».

La scrittura di Cattabiani è piacevole. Buona lettura.

Paolo Cattabiani, L’ha detto il Partito. Storie comuniste e altre cronache, Pendragon, 2024, pp. 219, 16,00 euro, recensione di Glauco Bertani.

(Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia).

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Stile narrativo
6
Tematica
7
Potenzialità di mercato
7




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