Nella partita a tre che si è avviata verso la conquista del Comune (maggio 2019) si osservano due contendenti troppo sicuri di vincere e un terzo, quello in carica, che appare troppo sicuro di perdere.
Non mi sembra che le cose, in realtà, stiano così.
Vero è che in Italia l’onda giallo-nera (il verde è quello che ha preso il 18% in Baviera: lasciamolo stare) al governo ha saputo conquistare simmetriche maggioranze al Sud e al Nord con una politica aggressiva e tipicamente populista. Tutt’altro è la sfida locale. Dove mancano la storia, l’esperienza, i candidati e i programmi.
Fino a che 5Stelle e Lega non mostreranno carte vere sul tavolo del voto – laddove per carte vere si intendono competenze amministrative, capacità dimostrate, una cultura del governo locale di cui sinora non si vede traccia – sarà meno scontato di quanto appaia oggi che riescano a convincere la maggioranza dei reggiani.
Ad aiutarli può essere solo il Pd e il centrosinistra nel suo insieme (ammesso che un insieme vi sia) dimenticando una virtù che in politica non può mai mancare soprattutto nei tempi difficili. Ossia il coraggio di essere se stessi, la determinazione nello spiegare cosa si sia fatto nel corso del tempo, la marcatura delle differenze insuperabili che segnano il limite tra razionalità e isteria, tra odio tribale e pacifica convivenza, tra rancore e tolleranza.
Il centrosinistra reggiano, chiamiamolo ancora così anche se pare non esista più, ha bisogno di rileggere le antiche lezioni dei grandi. Ne citiamo una sola: non si chieda, chi non ha voglia di consegnare Reggio Emilia a una pletora di beneficati, cosa possa fare la politica a suo favore, ma al contrario cosa possa egli fare di buono per la politica e per la propria città.
Mi piace molto la Sua definizione “la marcatura delle differenze insuperabili che segnano il limite tra razionalità e isteria, tra odio tribale e pacifica convivenza, tra rancore e tolleranza”.
E’ quello il limes, grazie per averlo ricordato.
Non è poca cosa di questi tempi.
Voglio votare in Camerun
Non male 😀
L’impressione da fuori è che nessuno dei contendenti abbia in testa la metà dei capelli di John Fitzgerald Kennedy.