A inizio luglio il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale per siccità fino al 31 dicembre per cinque regioni: Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto, stanziando anche 36,5 milioni di euro a carico del Fondo per le emergenze nazionali per far fronte ai primi interventi necessari. Nei prossimi giorni un’ordinanza del capo del Dipartimento nazionale di Protezione civile fisserà le regole per attuare le varie azioni previste.
La decisione è stata accolta favorevolmente dall’assessora regionale alla Protezione civile dell’Emilia-Romagna Irene Priolo, che ha sottolineato in particolare “i tempi rapidi per la dichiarazione di stato di emergenza nazionale sulla crisi idrica”, arrivata solo quattro giorni dopo la richiesta della Regione, e l’assegnazione delle risorse: 10,9 milioni per l’Emilia-Romagna che, a fronte di un fabbisogno stimato per le sole urgenze di 13,7 milioni, “permetteranno di dare un’ampia risposta alle attuali necessità”.
La Regione ha convocato per la giornata di venerdì 8 luglio una cabina di regia per condividere con tutti i soggetti interessati le priorità da inserire nel piano degli interventi, che dovrà contenere la lista delle misure di assistenza alla popolazione e le opere più urgenti per ripristinare la funzionalità dei servizi pubblici e delle reti.
La Regione, ha spiegato Priolo, “lavorerà altrettanto celermente per definire il piano, in stretto raccordo con i soggetti attuatori e i territori, per poi sottoporlo all’approvazione del dipartimento nazionale. Agiremo su quattro macroaree, intervenendo in tutte le province, da Piacenza a Rimini: Appennino, fiume Po, Romagna e Ferrara; puntando per esempio, per quanto riguarda l’idropotabile, a ottimizzare le captazioni da sorgenti o pozzi che attingono in falda, oltre che a prelievi dal Po a livelli più bassi di quelli attuali”.
Per la redazione del piano, il punto di partenza sarà la ricognizione dei fabbisogni svolta nelle scorse settimane, in particolare appunto per quanto riguarda le misure di assistenza alla popolazione e gli interventi urgenti. A questi aspetti si aggiunge la richiesta di quasi 23 milioni di euro per gli interventi di riduzione del rischio residuo, da attuare nel medio termine: cantieri non finanziabili in questa prima fase dello stato di emergenza, per la maggior parte (16,5 milioni) relativi all’idropotabile, e per il resto al comparto irriguo. “Si tratta di opere non previste, ad oggi, in altri percorsi di finanziamento attivi e strettamente legati alla risoluzione delle criticità”, ha precisato Priolo, “ma siamo fiduciosi che seguirà successivamente uno stanziamento di fondi aggiuntivi per dare seguito a queste necessità”.
Il totale, quindi, porta agli oltre 36 milioni complessivi inseriti nella richiesta di stato d’emergenza firmata a fine giugno dal presidente Stefano Bonaccini e inviata poi a Roma dalla giunta regionale.
I gestori del servizio idrico dell’Emilia-Romagna hanno indicato, tra le proposte di intervento più urgenti per affrontare l’emergenza, la rigenerazione di pozzi e la realizzazione di nuovi pozzi (anche di subalveo), la sostituzione delle condotte, l’installazione di pompe idrovore e di sistemi di potabilizzazione mobili, la fornitura di acqua con autobotti. L’acquedotto Cadf di Ferrara ha inserito nella ricognizione anche il rilievo tridimensionale dell’alveo del Po e la costruzione di una nuova opera di presa, la ri-perforazione di pozzi nel campo interno alla centrale di potabilizzazione di Ro Ferrarese e il rifacimento della condotta di interconnessione tra Serravalle e Ro Ferrarese. L’Ast di Toano, invece, ha proposto il completamento dei lavori sul pozzo in alveo del fiume Secchia.
Numerose anche le opere richieste dai consorzi di bonifica. Il Consorzio della bonifica Burana ha proposto riparazioni e impermeabilizzazioni alla canaletta Cer per ridurre le perdite di risorsa idrica, con l’installazione di motopompe, mentre il Consorzio della bonifica Parmense ha ipotizzato la posa di un impianto di sollevamento mobile per attingere acqua dalle ex cave di Medesano e di due pompe di pressollevamento mobili per il prelievo dell’acqua dal fiume Po. La Bonifica della pianura di Ferrara punta invece sul recupero dal collettore Fosse, mentre il Consorzio di bonifica dell’Emilia Centrale sull’abbassamento del canale di adduzione agli impianti sul fiume Po a Boretto per mantenere l’afflusso idrico, oltre che all’impermeabilizzazione della sezione di deflusso di un tratto del canale demaniale d’Enza e alla realizzazione di impianti di pompaggio per il recupero delle perdite di rete.
Per quanto riguarda il Canale emiliano-romagnolo, la ricognizione svolta comprende la rimozione dei sedimenti presenti all’opera di presa per agevolare il flusso idrico verso le elettropompe, l’installazione di lamiere in acciaio sulle bocche di presa delle idrovore per il miglior funzionamento delle elettropompe stesse e l’efficientamento del sistema di pompaggio.
L’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile, infine, ha avanzato la richiesta di risagomatura dell’alveo del fiume Secchia a monte della traversa di Castellarano, dove sono ubicate varie captazioni a usi plurimi, per ottimizzare la canalizzazione dei deflussi idrici superficiali verso le opere di presa.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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