Come previsto dalla prima rilevazione dell’Osservatorio Falde Emilia-Romagna, comunicata due settimane fa, l’inizio della stagione primaverile mostra un quadro di sensibile miglioramento sull’intero territorio regionale rispetto a fine febbraio. Facendo eccezione per la provincia di Piacenza, che registra un lieve peggioramento del gap e un ulteriore abbassamento di profondità, la condizione delle falde freatiche – grazie al positivo contributo delle perturbazioni della scorsa settimana e all’incremento delle temperature che ha favorito lo scioglimento delle nevi in alta quota – evidenzia una situazione di ricarica degli acquiferi.
Le rilevazioni di Acqua Campus CER-ANBI, raccolte da un sistema di rete costituito da sensori di monitoraggio sull’intero territorio – grazie alla delibera 239 del 20 Febbraio 2023, emanata dalla Regione Emilia-Romagna, che ufficializza la convenzione tra l’ente regionale e il CER per la raccolta dei dati – indicano che, pur permanendo deficitario lo stato complessivo della falda freatica – Reggio Emilia mostra ancora il valore maggiormente critico dell’intera regione – spostandosi via via verso est si può notare un debole trend positivo che vede la Romagna in condizioni prossime alla media storica (periodo 1997-2016) con la provincia di Forlì-Cesena a beneficiare maggiormente degli apporti delle precipitazioni e capace di invertire il trend da negativo a positivo; tuttavia ciò non sarà sufficiente a colmare l’attuale deficit che, in assenza di fenomeni particolarmente significativi nel medio periodo, appare destinato ad un nuovo progressivo peggioramento. Nel dettaglio ecco i dati del deficit delle falde freatiche (o ipodermiche) provincia per provincia aggiornati al 22 marzo (tra parentesi invece il dato della scorsa rilevazione, effettuata due settimane fa): Piacenza -22% (all’8 marzo: -18%), Parma -15% (-50%), Reggio Emilia -61% (-80%), Modena -44% (-57%), Bologna -39% (-47%), Ferrara -22% (-35%), Ravenna -8% (-19%), Forlì-Cesena +15% (-12%), Rimini -4% (-49%).
“Ma non è possibile dormire sonni tranquilli: piove poco e, comunque, in modo disomogeneo, per cui il beneficio per i territori è minimo – sottolineano Nicola Dalmonte e Raffaella Zucaro, rispettivamente presidente e direttrice generale del CER –; inoltre, se l’aumento di temperatura seguitasse ancora con gli attuali valori, da primavera inoltrata, il rischio è che le nevi si sciolgano troppo rapidamente e si incrementi l’evaporazione dai suoli”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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