Venerdì 5 febbraio una settantina di sindaci delle province di Piacenza, Parma, Reggio (in Emilia-Romagna), Cremona, Lodi e Mantova (Lombardia) hanno inviato una lettera indirizzata agli organi di governo regionali e nazionali per chiedere di rivedere il divieto di spostamento tra regioni nel caso di comuni direttamente confinanti ma appartenenti a regioni differenti.
Al momento, secondo quanto previsto dal Dpcm in vigore, fino al 15 febbraio è disposto il divieto di ogni spostamento tra regioni se non per specifiche motivazioni (comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità, motivi di salute, rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione); nello stesso documento è prevista la possibilità di spostamenti – per una distanza non superiore a 30 km dai relativi confini – solo per i Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, e con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia.
“Senza sottovalutare i rischi sanitari connessi all’epidemia Covid-19, ancora presente in una fase acuta – si legge nella lettera inviata dai sindaci – si rendono necessarie azioni urgenti per limitare le conseguenze negative per attività commerciali che rischiano diversamente di chiudere per sempre i battenti, nonché per evitare la progressiva alimentazione di tensioni sociali dovute a perdite di posti di lavoro e a mancate relazioni tra le comunità confinanti”.
I sindaci firmatari hanno chiesto al governo di prevedere la possibilità di spostamenti delle persone “entro un limitato raggio chilometrico” o, in alternativa, da/verso comuni confinanti e collegati indipendentemente dalla regione di appartenenza e dalla dimensione dei comuni, eventualmente previo accordo tra i Comuni stessi e le Regioni di appartenenza, con la supervisione delle Prefetture competenti, con una valutazione effettuata “alla luce dell’andamento epidemiologico dei territori interessati”.
Oltre a questo, i sindaci hanno richiesto anche agevolazioni fiscali e/o ristori per le attività economiche più colpite aventi sede nei comuni confinanti e territorialmente collegati con quelli di un’altra regione “che dimostrino di essere state particolarmente penalizzate da questa situazione”, prendendo quindi a riferimento non i codici attività Ateco e il periodo di chiusura degli esercizi ma l’effettivo calo di fatturato riscontrato negli ultimi mesi.
Per i sindaci “è evidente che per determinate attività economiche (in primis commercio e pubblici esercizi) tali restrizioni rappresentano una pesante discriminazione e stanno determinando gravissime ripercussioni in termini di mancato reddito, considerando le forti interazioni socio-economiche con realtà territoriali situate a pochi chilometri, ma in un’altra regione. Inoltre l’ubicazione in zona gialla o arancione della regione di appartenenza determina l’esclusione di alcune attività economiche dai benefici dei cosiddetti “ristori” previsti da governo e Regioni, nonostante l’effettivo crollo delle vendite legate a una clientela solitamente proveniente da zone confinanti di un’altra regione. I territori di confine risultano pertanto fortemente penalizzati, sia in ambito economico che in termini di relazioni tra persone divise da pochi chilometri”.
La lettera è stata inviata al presidente del Consiglio dei ministri, a diversi ministri, al commissario straordinario per la gestione dell’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri, al presidente della Regione Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini, ai presidenti delle regioni Lombardia e Veneto Fontana e Zaia, all’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci), ad Anci Emilia-Romagna e Anci Lombardia, all’Unione delle Province d’Italia (Upi), a Upi Emilia-Romagna e Upi Lombardia.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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