Sarto, enologo del moscato in motocross

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7.7

Quei voli mozzafiato sulle piste da cross, dove ti puoi distrarre solo per pochi secondi ad ammirare gli infiniti ondulamenti verdi delle colline ricoperte a perdita d’occhio.
Adrenalina pura tutte le volte salendo in sella. Motocross, non solo una sfrenata passione sportiva.
A ventidue anni il bivio.

Un incrocio con mete totalmente opposte: i voli e l’adrenalina o la vigna e la tranquillità.
Sprigionare la propria energia nella passione sportiva. Una energia e forza che si sarebbe persa seguendo la strada familiare dell’azienda agricola.

Elio, il padre all’epoca conferiva le proprie uve di moscato, alle cantine della zona. Vino semplice e povero.
Quel “dolce” snobbato dai palati buoni, considerato alla stregua di una semplice bevanda da abbinare a dolci basici.
Quei voli alti fino alle nuvole capaci di inebriarti di emozioni per un intero giorno e il moscato che i “borghesotti della zona” consideravano poco più di una aranciata.
Facile scegliere sulla carta il proprio futuro per il giovane Perrone. Stefano davanti all’ “incrocio della vita”, a soli 22 anni, sceglierà una terza via.

Una strada tutta da tracciare, tutta da inventare. Tutta in salita.
Stefano di animo pacato e tranquillo attuerà un totale stravolgimento per la cantina di famiglia. Una vera rivoluzione negli anni 80.

Stefano vuole andare sul mercato con le proprie bottiglie. Crede nelle sue vigne di moscato e barbera. Crede nel terroir unico dei suoi 8 ettari. Ci vuole mettere la sua faccia su quelle bottiglie.
Il brand “moscato d’Asti” era ancora in fase embrionale negli anni ottanta e mancava totalmente l’esportazione in Europa e Usa.

Cinquemila bottiglie dovevano essere il primo anno. E così fu. Ma che fatica. Lui timido e riservato costretto ad usare la sua moto come “calesse da consegna”. Bussava a tutti i ristoranti della zona per piazzare le bottiglie. Tra tanti no sono arrivati anche i primi assensi.
I primi anni sono perdite su perdite.

Ma la voglia di andare avanti viene rafforzata dalle prime soddisfazioni. Nei primi anni novanta daranno lustro alla Cantina le scelte di alcuni ristoranti stellati della zona di inserire i Perrone nella carta dei vini. Il Vin Italy è la definitiva consacrazione: Stefano firmerà inaspettatamente un accordo commerciale con il principale distributore svizzero della cantina Gaia. Il Moscato è sempre più sdoganato come vino importante e sarà il traino per l’azienda. Le bottiglie Perrone si distinguono fortemente da tutte le altre: I 400 metri sul mare ed una particolare esposizione regalano una aromaticità molto più delicata rispetto alla media. I bilanci dalla cantina passano finalmente dai “profondi rossi” al verde. Nel 95 viene inaugurata la nuova cantina. Stefano e il padre Elio, entrambi senza studi di enologia, diventano “sul campo”, punti di riferimento per produzioni di qualità, anche per la concorrenza.
Qualità e volumi crescono di pari passo. Fino a raggiungere le 90.000 bottiglie di moscato, e 70.000 di barbera d’Asti.

Voglia di sperimentare è un “must” indelebile che però non si affievolisce. Ecco allora approdare il rosato: perfetto connubio delle uve di Moscato e Bracchetto. E come avvenne con il bistrattato Moscato, il Rosee diventerà anno dopo uno dei vini più esportati della cantina in Germania fino a raggiungere la cifra record di 45.000 bottiglie. Come i salti in moto, l’adrenalina dello sperimentare e del severo responso del mercato, sono la colonna dorsale della cantina Perrone. Vietato stare nella cosiddetta “Confort zone”. Anche adesso si aspetta con ansia il responso del mercato, prima della gente comune, perché i test si fanno con gli assaggi agli amici fedeli di una vita e poi successivamente passando dalla critica dei cosiddetti grandi esperti. Oggi è la volta del Nebbiolo. Piccolo appezzamento in omaggio alla zona delle Langhe. Ma come i sarti non hanno bisogna di grandi stoffe, non servono grandi appezzamenti per i sarti dell’enologia.

Come trent’anni fa si aspetta con grande adrenalina di imbottigliare. Imbottigliare nelle bottiglie che rimarranno sempre intitolate al padre scomparso: Elio.

Quell’adrenalina paragonabile solo ai voli in moto di quarant’anni fa sulle nuvole di Castiglione Tinella.

I nostri voti


Cantina
7
Innovazione
8.5
Vino
7.5