Il romanzo di Ron Rash, “Un piede in paradiso”, si apre con la citazione in esergo di alcuni versi tratti dalla poesia di Edwin Muir, dal titolo omonimo. In questi versi è racchiuso il cuore del libro: «Con un piede in Paradiso, io me ne sto / E nell’altra terra spingo il mio sguardo / Il grande giorno del mondo è al tramonto / Ma quanto strani sono quei campi / Che a lungo abbiamo coltivato / con semi d’amore e odio».
“Singing in the rain” stava per uscire nelle sale cinematografiche, era in corso la campagna elettorale per le presidenziali, che porteranno alla Casa Bianca Eisenhower, e lo sceriffo di Onacee, una piccola contea degli Appalachi nel Sud Carolina, Will Alexander, insieme al vicesceriffo Bobby, si sta dirigendo, causa rissa, alla Frontiera, «un postaccio a nord della contea», frequentato da una rude clientela composta da «giovanotti calati dalla Carolina del Nord».
La descrizione del paesaggio che incontra partendo da Seneca, capoluogo della contea, è poetica, come tutta la scrittura del romanzo, nella traduzione di Tommaso Pincio. «Ci inoltrammo – dice in prima persona lo sceriffo – tra le montagne lungo la strada a doppia corsia. Le luci delle poche fattorie erano spente, non c’era neanche la luna. L’oscurità premeva sui finestrini dell’auto, profonda e silenziosa, e io non potei fare a meno di pensare al futuro». Presto l’acqua avrebbe sommerso gran parte di quella terra di agricoltori. Infatti la compagnia elettrica Caroline sta comprando i terreni per costruire una diga, “Il grande giorno del mondo è al tramonto…”, scrive Muir.
Holland Winchester, una testa calda, eroe di guerra con tanto di Gold Star guadagnata in Corea, è accasciato su una sedia alla Frontiera con i pugni, contusi e tumefatti, appoggiati al tavolo. «Indossava l’uniforme e non fosse stato per il fatto che era seduto in una bettola del Sud Carolina e per le insegne della Falstaff e della Carling Black Label che illuminavano le pareti, avresti detto che era ancora in Corea, in un infermeria, in attesa di essere ricucito e fasciato».
Winchester è il personaggio chiave del romanzo, una sinfonia in cinque movimenti: 1) Lo sceriffo; 2) La moglie (Amy); 3) Il marito (Billy); 4) Il figlio (Isaac); 5) Il vice (Bobby). L’amore, l’odio e, in più, la superstizione sono gli elementi che fanno pulsare un romanzo poetico in cui in ogni pagina scorre il sangue della vita.
La superstizione: «Alle prime luci dell’alba ho tolto la mano dalla pancia di Amy. Mi è caduto l’occhio sulla sanguinella che Amy aveva piantato in primavera, le sue foglie marroni come tabacco stagionato sembravano vive quanto un pezzo di ferro. Brutto segno…», dice Billy, il marito, sospettato dallo sceriffo dell’omicidio di Holland, scomparso nel nulla.
Segue poi un lungo elenco di “brutti segni” a cui Billy Holcombe non vorrebbe credere, ma in quella contea, abitata un tempo dai Cherokee, vive anche una presunta strega, la vedova Glendower, in un luogo scuro e ombroso, dove la luce del sole non arriva. Brutto segno anche per il vice sceriffo Bobby, il quinto movimento che chiude il romanzo del poeta/scrittore Ron Rash.
Assolutamente da leggere.
Ron Rash, Un piede in paradiso, traduzione di Tommaso Pincio, La Nuova Frontiera, Roma 2021, pp. 251, 16,90 euro
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia
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Colonna sonora:
JESSE SYKES AND THE SWEET HEREAFTER, House By The Lake
THE ROLLING STONES, Sympathy For The Devil
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]