«In questi giorni sono emersi due segnali nuovi che non si debbono sottovalutare. Nessuno ha ragionato su un sistema informativo che dopo decenni di duopolio si sta trasformando in un monopolio della destra. E al tempo stesso sta emergendo la tentazione di escludere il presidente Stefano Bonaccini dalla ricostruzione in Emilia-Romagna. Ma così siamo davanti ad un governo che punta a prendersi tutto. C’è una parola semplice che riassume tutto questo: autoritarismo. Così si sta cambiando la natura del Paese». Con queste parole l’ex presidente del Consiglio e della Commissione europea, l’emiliano Romando Prodi, in una lunga intevista a Fabio Martini di La Stampa ha commentato l’attuale situazione politica.
Sull’alluvione in Romagna e la nomina del commissarrio, Prodi parla di «vicenda incomprensibile che rischia di concludersi con un enorme autogol per il centrodestra”. “In una tragedia come questa, chi altro può fare il commissario se non un presidente di Regione che gode di una incontestata fiducia? Che ha rapporti diretti con i sindaci, con i prefetti, che conosce tutti i tecnici e a cuirisponde la catena burocratica regionale. Bonaccini ha inoltre già dato prova di saper gestire la ricostruzione dopo il terremoto: uno dei pochi casi nei quali nessuno ha avuto nulla da ridire”.
Dopo 100 giorni era naturale aspettarsi un effetto-Schlein: c’è stato ma al contrario? chiede Martini. «Il cattivo risultato, in queste pur limitate elezioni, è un segnale allarmanteche oltretutto spingerà la destra ad aumentare la “presa” sul Paese”, risponde l’ex premier. Una destra già favorita da «un sentimento che sta guidando le opinioni pubbliche in tutto il mondo: la paura. Per la guerra. Per i migranti. E La destra ha sempre saputo govemare bene e meglio di altri questi sentimenti. Una paura che finisce per coinvolgere anche temi più condivisi, come l’ambiente».
Prodi, infine, invita il Pd a prendere esempio da Verona e Vicenza e a puntare a un “rinnovamento della cultura di governo”. Puntando su una “idea di comunità, di attenzione ai quartieri, alle aggregazioni” e su un “riformismo che non si limiti a presentare dei Ddl in Parlamento, ma che mobiliti il Paese su cose concrete: salario minimo, disparità, casa, salute, scuola, pannelli fotovoltaici sui tetti e non sui campi, nuova attenzione al territorio. Un nuovo riformismo dovrebbe essere persino facile quando un primo ministro arriva a dire che pagare le tasse è come pagare il pizzo. Quando ho sentito questa frase ho capito che è un programma facilmente contrastabile con una minima intelligenza politica».
Ultimi commenti
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]