Due artisti del “rock poster” quali Chuck Sperry e Ron Donovan della Firehouse hanno affermato: «Noi lavoriamo per gli occhi, i musicisti lavorano per le orecchie e le due cose vanno insieme». E il libro di Martina Esposito ci racconta, analizzandolo, questo “fidanzamento” iniziato negli anni Quaranta del secolo scorso e poi giunto al “matrimonio” nei decenni successivi.
«Negli anni Cinquanta, i veri amplificatori non sono solo in sala prove ma in sala da pranzo: la radio diventa il trait d’union con i giovani, e non c’è più nulla che tenga… I giovani vedono nel selvaggio approccio dei rocker una concreta possibilità di riscatto. A un passo dal fenomeno di massa, al rock ‘n’ roll manca un unico tassello: la promozione…».
“Rock Poster” è una storia “illustrata” per chi ama la musica del diavolo fattasi carne in Robert Johnson in un incrocio del Mississippi e ne ha seguito sviluppi e diramazioni: il rock ‘n’ roll di Presley, citando per tutti il caposcuola, poi la stagione beat, del “flower power” e quella psichedelica, la stagione del rock, del progr dell’hard e dell’heavy; poi quella del punk del “No Future” e di pari passo il susseguirsi delle varie fasi della musica nera fino al rap e all’hip pop, ecc. Racconta Esposito di come questa musica, che era anche “controcultura”, cominciò a rimbalzare sui muri attraverso poster e manifesti che volevano trasformare la musica in colori e immagini che la rappresentassero e la promuovessero.
Da semplice manifesto di promozione dell’evento musicale la grafica musicale, nei ’60, sceglie di «documentare le sensazioni», come il poster realizzato da Brian Pike per il concerto degli Who al Marquee Moon di Londra, un «vero spartiacque nella storia del rock poster»: un eterea figura di Pete Townshend su sfondo nero che “mulinella” il braccio per una vigorosa schitarrata alla sua Rickenbacker, in primo piano il nome del gruppo scritto in bianco che buca lo sfondo nero e una freccia che spara all’insù. Poi pensiamo alla collaborazione tra l’onirico studio Hipgnosis e i Pink Floyd…
E il libro ci trascina in una trasvolata temporale, e continentale dagli USA alla Gran Bretagna e viceversa – con un atterraggio anche in Italia – aggrappati ai poster sospinti dalla furia delle note di una musica e di una (sotto)cultura che fa parte delle nostre vite da più di sessant’anni.
Gli esempi che potremmo fare sono tanti, qualcuno lo abbiamo fatto ma per saperne di più non vi resta che leggere Rock Poster. Dimenticavo: il libro, in carta patinata, è corredato dalle riproduzioni dei Rock Poster più significativi e, in appendice, un saggio di Matteo Guarnaccia che rivolge l’attenzione alla scena musicale e visiva italiana.
(Martina Esposito, Rock Poster 1940-2010. Il manifesto diventa arte, in appendice un saggio di Matteo Guarnaccia, Vololibero edizioni, Milano 2021, pp. 96, 18,50 euro, recensione di Glauco Bertani).
Colonna sonora:
CHUBBY CHECKER, Let´s twist again
Jefferson Airplane – Somebody to Love – Live At Woodstock, August 17, 1969
THE WHO, My Generation (Marquee Club 1967)
Sex Pistols live Anarchy in the U.K. 1976
DAFT PUNK, Encore – Alive 2007 @ Torino Traffic Festival
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]