Rivoluzione in vista nelle direzioni dei principali musei italiani, quelli emiliani compresi. Il Ministero della Cultura, alla cui guida come noto Alessadro Giuli ha recentemente sostituito Gennaro Sangiuliano, ha infatti annunciato l’imminente pubblicazione di un bando di gara internazionale per la selezione dei candidati a direttore per gli istituti di livello dirigenziale generale giunti a scadenza del proprio mandato o di nuova istituzione. Si tratta di Musei reali di Torino, Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello, Parco archeologico del Colosseo, Museo nazionale Romano e Museo archeologico nazionale di Napoli.
Successivamente lo stesso iter verrà avviato per altri 11 istituti autonomi di seconda fascia, tra cui il Complesso monumentale della Pilotta (recentemente inaugurato, dopo un’importante riqualificazione, dallo stesso Sangiuliano e retto ad interim da Stefano L’Occaso dopo il passaggio di Simone Verde agli Uffizi), Musei nazionali di Ferrara e l’ex Pinacoteca di Bologna, recentemente divenuti anche loro Musei nazionali e accorpati dal punto di vista organizzativo con la Direzione regionale musei.
A selezionare i candidati, i cui requisiti saranno esplicitati nel bando stesso, sarà una commissione di esperti di altissimo profilo attraverso una serie di prove in grado di evidenziare le necessarie competenze culturali e manageriali, informa una nota del Ministero.
Non saranno dunque rinnovati i contratti quadriennali, attivati nel 2020, con Stéphane Verger, direttore del prestigiosissimo Museo nazionale Romano (Palazzo Massimo, Terme di Diocleziano, Palazzo Altemps, Crypta Balbi), Mario Epifani, direttore di Palazzo Reale a Napoli, ma anche di Maria Luisa Pacelli, che solo martedì ha saputo che non avrebbe proseguito nel suo incarico a Bologna, dove era arrivata il 2 novembre 2020 dopo aver diretto per quasi dieci anni la Galleria d’arte moderna e contemporanea di Ferrara.
I contratti in scadenza di maggiore rilevanza, come quelli di Verger e di Pacelli, sono sottoposti alla cosiddetta «facoltà del ministro» che può decidere o meno se rinnovarli. Non farlo, tecnicamente non equivale a un licenziamento, ma evidentemente trestimonia la mancanza del rapporto di fiducia da parte del ministro. E, magari, la volontà di girare pagina dopo la stagione dell’ex ministro ferrarese Dario Franceschini, visto che tutti gli incarichi erano stati affidati con la sua gestione.
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