Per essere più forti contro la minaccia dei virus pandemici bisogna sostenere la ricerca e riconoscere il ruolo delle donne, sempre in prima linea nella cura e negli studi scientifici. È un appello forte e chiaro quello che arriva dal Centro internazionale Loris Malaguzzi in occasione del secondo meeting annuale delle Top Italian Women Scientists (TIWS).
Davanti a un pubblico di oltre 30 persone in sala e 80 in collegamento streaming nel pieno rispetto delle misure anti-Covid-19, il network di ricercatrici eccellenti nelle neuroscienze, nel settore biomedicale e nelle scienze cliniche, ha affrontato un tema di stringente attualità: l’emergenza Coronavirus. Dopo la sessione di mentoring, che ha permesso a studentesse universitarie e dottorande di incontrare di persona le studiose, il meeting ha avuto ufficialmente inizio con i saluti delle autorità e gli interventi specialistici.
“Noi crediamo – hanno introdotto Nadia Caraffi e Donatella Davoli, presidente e co-presidente della delegazione di Reggio e Modena dell’associazione internazionale European Women’s Management Development (EWMD) promotrice dell’evento – che con questi incontri one-to-one si realizzi un modello di orientamento utile e fattivo, con role-model e opionion leader capaci di aiutare le studentesse ad affrontare al meglio un percorso di studi nella ricerca biomedicale”. Uno sguardo innovativo per portare nuove e maggiori competenze femminili nell’ambito della ricerca, ma che vuole anche difendere la scienza, salvaguardare un patrimonio collettivo “spesso attaccato da fake news, superstizioni e credenze”.
All’appuntamento non sono mancati il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi e la consigliera regionale Roberta Mori, da sempre impegnata sui temi legati al ruolo della donna nella società.
“Noi pensiamo – ha esordito il primo cittadino – che la ricerca e l’alta formazione, non solo l’educazione a partire dai primi anni di vita dei bambini, debba rappresentare uno degli elementi fondamentali, forse l’elemento fondamentale più importante in un’idea di città che ha nell’apprendimento, nella formazione e nello sviluppo del capitale umano il proprio elemento distintivo”. Vecchi ha ricordato la nascita del Parco tecnologico reggiano, capace di accogliere sia la ricerca umanistica che scientifica, e come il meeting delle TIWS – questo l’auspicio – possa divenire un “appuntamento fisso” in città. “L’epoca del Covid – ha concluso Vecchi – ci sta insegnando tante cose. Una è che collaborare aiuta più che competere, così come la solidarietà prevale sull’individualismo nella ricerca di un obiettivo. L’esperienza del Covid-19 ci insegna che dobbiamo avere fiducia nella scienza. La razionalità, la prudenza, la conoscenza scientifica e il suo metodo è uno degli ingredienti fondamentali affinché la società contemporanea possa uscire da questa situazione”.
La consigliere regionale Roberta Mori ha ricordato l’importanza della ricerca scientifica in Emilia-Romagna e di quanto il distretto modenese del biomedicale sia una realtà rilevante per il tessuto economico. Soprattutto ha affrontato un nodo centrale per la ricerca scientifica: le risorse economiche che mancano. “Un Paese che destina l’1,4% del Pil alla ricerca – ha sottolineato – non può offrire un solido futuro alle nuove generazioni”. Poi la Mori ha voluto mettere in evidenza quanto l’apporto delle professioniste sia centrale per lo sviluppo futuro della ricerca, di quanto le donne abbiano avuto un ruolo centrale in questa pandemia. “Vogliamo vedere sempre più spesso valorizzato questo spirito di servizio. La femminizzazione dei settori delle cura – ha continuato – deve delineare un nuovo orizzonte di consapevolezze che colmi le distanze di genere, che restituisca il ruolo femminile, essenziale per la sopravvivenza del nostro pianeta. Servono proposte coraggiose, azioni possibilmente efficaci. La sorellanza, dunque, non deve essere solo una dichiarazione d’intenti ma agevolare il percorso di tutte”.
All’appuntamento, moderato dalla giornalista di Telereggio Manuela Catellani, non sono mancati i saluti del direttore dell’Ematologia dell’ospedale Santa Maria Nuova dell’Ausl IRCCS di Reggio Emilia Francesco Merli e del responsabile Direzione territoriale Emilia Adriatica di Banco Bpm Stefano Bolis, che ha voluto ribadire l’importanza del percorso di valorizzazione della ricerca scientifica femminile avviato con le TIWS e EWMD già da alcuni anni.
La parola è poi passata alle scienziate: Elisa Vicenzi, capo dell’Unità di Biosicurezza e Patogeni Virali Ospedale San Raffaele, Ariela Benigni, coordinatrice delle ricerche dell’Istituto Mario Negri, Liliana Dell’Osso, direttrice della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, Adriana Albini, professore straordinario di Patologia Generale Università Milano Bicocca e Susanna Esposito, direttrice della UOC Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma. Ciascuna, secondo la propria specializzazione, ha illustrato le caratteristiche del nuovo virus SARS-CoV-2 paragonandolo anche ad altri virus fino ad arrivare alle conseguenze psicologie dovute alla pandemia e alla gestione dell’emergenza.
Elisa Vicenzi lavora da oltre 30 anni sui virus: ha cominciato con l’HIV, poi è passata alla SARS, alla Suina, alla Zika e ora si occupa della SARS-CoV-2.
“Ho affrontato tanti virus tra cui la SARS nel 2003 – ha spiegato illustrandone le caratteristiche – Con il nuovo virus ci sono analogie e differenze. Ad esempio la SARS-CoV-2 ha avuto ben poche mutazioni genetiche significative da quando è apparsa per la prima volta, ma quella che ha avuto nel passaggio dalla Cina all’Italia – con la sostituzione di un aminoacido nella proteina Spike – è stata determinante per l’incremento dei contagi”. Parlando della storia e dell’evoluzione dei virus pandemici, la Vicenzi ha sottolineato quanto la ricerca non possa essere abbandonata con la fine dell’emergenza. “Quando finisce un’emergenza finiscono sempre i soldi. La lezione che dobbiamo imparare è che non bisogna dimenticare di fare investimenti, perché significa essere preparati, isolare il virus e continuare a studiarlo”.
Ariela Benigni, coordinatrice delle ricerche dell’Istituto Mario Negri e nefrologa ha ricordato lo scenario drammatico dell’emergenza di Bergamo: “Sentivamo continuamente ambulanze ed elicotteri. Eravamo davanti a un virus assolutamente nuovo, un problema enorme e tantissime domande”. E di fronte a uno scenario così ampio di domande si sono moltiplicati i pareri discordanti. Ma perché un nefrologo dovrebbe occuparsi di Coronavirus? “Perché – come ha spiegato la ricercatrice – il virus entra nelle cellule attraverso un recettore (ACE2, enzima di conversione dell’angiotensina 2) presente in tutte le cellule del rene. Per questa ragione si registra un’insufficienza renale nel 50% dei pazienti”.
Liliana Dell’Osso, direttrice della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, e studiosa con oltre 800 pubblicazioni al suo attivo, ha affrontato il problema dell’emergenza psichiatrica evidenziando i soggetti più a rischio di disturbo da stress post-traumatico (PTSD, post-traumatic stress disorder) e di quanto un bilancio possa essere fatto non nell’immediato ma nel lungo termine. Un problema centrale, che è stato ampiamente evidenziato da un gran numero di studi scientifici pubblicati nell’arco di pochi mesi: “ben 1.100 lavori” ha precisato la ricercatrice. La Dell’Osso conosce bene l’argomento dell’emergenza. Si è occupata dei traumi dovuti al terremoto dell’Aquila. “I soggetti a rischio di sviluppare disturbi mentali dovuti all’emergenza pandemica – ha spiegato – sono in primo luogo gli individui affetti da un pregresso disturbo mentale, perché il contesto ambientale può portare a un aggravamento o a una recrudescenza di malattia favoriti, tra l’altro, dal ridotto accesso alle cure durante il lockdown. In secondo luogo c’è il personale sanitario costretto a forte stress e a serrati ritmi di lavoro. Ci sono poi le persone che hanno perso una persona cara che affrontano un lutto traumatico o complicato. Infine le persone che hanno vissuto il lockdown in maniera negativa e, su questo fronte, le esperienze sono molto diverse. Insomma c’è una parte sommersa dell’Iceberg da valutare”.
Adriana Albini, professore straordinario di Patologia Generale Università Milano Bicocca, una delle scienziate più citate al mondo. da esperta di chimica biologica e immunologa ha affrontato la questione farmacologica. “In un mondo molto tecnologico – ha detto – ci troviamo a fronteggiare il virus con metodi più o meno medievali: distanziamento sociale e mascherina per tentare di rallentare i contagi. Sul fronte farmacologico si è andati per tentativi, con un approccio che noi chiamiamo di ‘riposizionamento’, cioè sono stati utilizzati farmaci diversi per capire se potessero funzionare. Una risposta precisa ancora non si riesce a dare, perché in realtà i contributi per la ricerca non sono sufficienti a trovare farmaci specifici. Sono stati utilizzati farmaci impiegati in reumatologia, la clorochina (antimalarico), il cortisone, il Remdesivir (Ebola). Si è poi arrivati all’eparina, che in certi casi ha salvato delle vite, ma questo virus ci ha soprattutto ricordato una cosa: che non esiste una sola specialità”.
E sulla questione vaccini? Come ha spiegato la studiosa: “Non sappiamo per quanto tempo possa durare l’immunità. Non sappiamo se ci si riammala. Essendo un virus nuovo stiamo ancora sperimentando su noi stessi. Da qui la necessità di lavorare tanto e insieme, anche con le donne. Questo virus è stato gestito ‘al maschile’, ma siamo qui per mostrare la presenza di 120 scienziate altamente citate nel mondo. I panel solo maschili non fanno bene alla società e non fanno bene alla ricerca”.
Susanna Esposito, direttrice della UOC Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, ha parlato dell’impatto del Covid-19 sui bambini. “In pediatria abbiamo sentito parlare meno di Covid-19 in termini gravità – ha ricordato la studiosa – perché effettivamente la malattia è molto meno grave nel bambino rispetto all’adulto. Il 10% della casistica totale è di pazienti pediatrici, ma ci sono state ricadute importanti. La prima domanda è: come mai i bambini sono meno colpiti dagli adulti? Perché il recettore ACE2 è meno espresso nella popolazione pediatriaca e la risposta immunitaria porta a una ridotta infiammazione. L’80% dei bambini sono asintomatici, il 20% sono sintomatici e in alcuni casi manifestano complicanze con una malattia simil-Kawasaki, la mortalità si attesta invece allo 0,5%”. “In realtà – ha continuato la studiosa – l’impatto del Covid è rilevante perché quando si parla di ricovero del bambino si parla anche del nucleo famigliare, degli amici. Gestire la situazione è stato dunque complesso”. Durante il lockdown tra i bambini sono stati numerosi i casi di problematiche neuropsichiatriche come i disturbi del sonno o alimentari. “Questo a mostrato – ha concluso – l’importanza della scuola e stimola lo sviluppo di un approccio un po’ più moderno alla medicina scolastica”.
Il meeting nazionale TIWS, che nel suo secondo giorno di lavori ha dato spazio a speech scientifici dedicati all’avanzamento delle ricerche in campo biomedicale, è stato organizzato da European Women’s Management Development (EWMD) e sostenuto da Banco Bpm, Citrus e Gerard’s con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, del Comune di Reggio Emilia, di Ausl di Reggio Emilia, Unimore, Unipr, Unindustria Reggio Emilia, Cna Impresa donna e Onda.
Top Italian Women Scientists – Club Delle Scienziate (TIWS)
Top Italian Women Scientists (TIWS) è il club delle migliori scienziate italiane promosso da Onda, costituitosi nel maggio 2016 e presieduto da Adriana Albini, ideatrice dell’iniziativa. Il gruppo riunisce le eccellenze femminili, donne che si contraddistinguono per un’alta produttività scientifica e che hanno dato un sostanziale contributo allo sviluppo in campo biomedico, nelle scienze cliniche e nelle neuroscienze. L’obiettivo è quello di promuovere la ricerca “rosa” e avvicinare le giovani a questo mondo. Il club è dedicato alle scienziate italiane impegnate nella ricerca recensite nella classifica dei Top Italian Scientists (TIS) di Via-Academy, un censimento degli scienziati italiani di maggior impatto in tutto il mondo, misurato con il valore di H-index, l’indicatore che racchiude sia la produttività sia l’impatto scientifico del ricercatore, nonché la sua continuità nel tempo, e che si basa sul numero di citazioni per ogni pubblicazione. Per il Club sono state selezionate le ricercatrici con H-index pari o superiore a 50.
European Women’s Management Development (EWMD)
European Women’s Management Development (EWMD) è il network internazionale creato dalle donne per le donne che vogliono crescere professionalmente e per le imprese e le realtà economico-sociali che vogliono valorizzarle. Da oltre 30 anni presente in 14 Stati nel mondo, si batte per un maggiore equilibrio fra i due generi sul lavoro, per l’aumento del numero delle donne in posizioni di responsabilità, per lo sviluppo delle competenze e per un equilibrio dei tempi della vita. Le donne di EWMD sono convinte che riconoscere, includere e valorizzare le diversità possa aprire prospettive che hanno al centro la persona, i suoi diritti, le sue potenzialità, le sue esigenze.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]