La cittadinanza italiana agli studenti stranieri che vivono e seguono un percorso scolastico (il cosiddetto ius scholae) è stata al centro della commissione Parità, che si è riunita in seduta congiunta con la commissione Cultura.
È subito intervenuto il presidente della commissione Parità, Federico Alessandro Amico: “Abbiamo deciso di dare vita a questa serie di audizioni su un tema che è in discussione in parlamento, il tema coinvolge anche il nostro sistema scolastico”. Francesca Marchetti, presidente della Cultura, ha spiegato che questo incontro “ci permette di avere un quadro più completo rispetto alla scuola emiliano-romagnola”.
A seguire gli interventi di Giuseppe Brescia, deputato M5s e primo firmatario del progetto di legge sulle modifiche alla legge 91 (del 1992) sulla cittadinanza, di Andrea Facchini, Settore politiche sociali di inclusione e pari opportunità, Osservatorio regionale sul fenomeno migratorio, della Regione Emilia Romagna, di Bruno Di Palma, vicedirettore generale dell’Ufficio scolastico regionale per l’Emilia-Romagna, di Marwa Mahmoud, consigliera del Comune di Reggio Emilia, di Michelle Rivera della campagna “Dalla Parte Giusta della Storia”, di Ihsane Ait Yahia dell’associazione “Italiani senza cittadinanza” e di Siid Negash, consigliere comunale di Bologna.
Giuseppe Brescia ha esordito affermando che la legge “sarebbe importante non solo per un milione di persone (quelle direttamente coinvolte), ma per tutta la comunità. Questo progetto di legge, di una sola pagina, ha generato scontri feroci”. Nel dettaglio, la proposta di legge prevede che ad acquisire la cittadinanza italiana sia il minore straniero nato in Italia o entrato nel nostro paese entro i 12 anni di età risiedendoci legalmente e senza interruzioni, qualora abbia frequentato regolarmente, ai sensi della normativa vigente, per almeno cinque anni nel territorio nazionale uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale. “In Italia – ha continuato il deputato – c’è la legge 91 del 1992, si fonda sul principio dello ius sanguinis: chi è dall’altra parte del mondo e non parla italiano, ad esempio, se dimostra di avere sangue italiano diventa cittadino italiano”. Il testo, ha sottolineato Brescia, “è stato anche modificato per avere soluzioni più semplici: dalla residenza legale di due genitori si passa a uno solo, la condizione dei minori che prima era di essere legalmente e ininterrottamente residenti ora si ha solo al momento della richiesta”. “Mi chiedo – ha concluso – concedendo questo diritto a chi togliamo qualcosa?”.
Dal canto suo Bruno Di Palma ha scattato la fotografia delle scuole della regione. L’Emilia-Romagna è la regione con la percentuale più elevata di alunni immigrati senza cittadinanza sul totale degli studenti. La provincia di Piacenza è quella con il maggior numero, in percentuale, di studenti senza cittadinanza (Bologna, Modena e Reggio Emilia in valore assoluto). Negli ultimi anni, sono aumentati i paesi di provenienza degli alunni nelle scuole pubbliche, oggi 173, mentre nel 2020 erano 66. Alcuni hanno percentuali più elevate (Marocco 16%, Albania 15%, Romania 12,7%, e poi Cina, Moldavia, Pakistan e infine Ucraina). Anche in questo caso Piacenza, in percentuale, è la prima con il 25,8%, seguono Parma, Reggio Emilia e Bologna. Nelle scuole paritarie la percentuale più alta è a Ravenna con il 14,2% e Ferrara 13,8%. Di Palma rileva che gli alunni senza cittadinanza sono in aumento anno dopo anno, “una grossa fetta sono nati in Italia. Gli alunni non italiani, ma nati qui e con maggiori competenze linguistiche, hanno meno bisogni culturali. La loro presenza ormai è strutturale”. La crescita è evidente tanto che si è dovuto derogare al limite del 30% di allievi stranieri per classe: in Emilia-Romagna, nel 2020, si è derogato per 3.800 sezioni e classi (il 15% della regione). Infine, sugli studenti ucraini: “Nelle scuole della regione sono stati accolti 3213 studenti ucraini, di cui 1561 alla primaria, 645 nell’infanzia, 717 nella secondaria di primo grado, e 290 nella secondaria di secondo grado”.
Andrea Facchini ha mostrato i cambiamenti rispetto all’approvazione della legge 91 nel 1992: in Italia c’erano 570mila stranieri, oggi sono 3 milioni (in regione erano 50mila, oggi 450mila). Non si conoscono i tempi medi di acquisizione della cittadinanza – ha affermato il rappresentante dell’Osservatorio immigrazione – ma negli ultimi 10 anni, 2012-2021, in Emilia-Romagna 162mila persone hanno ottenuto la cittadinanza: il 52% attraverso i 10 anni di residenza, il 10% con il matrimonio e il 40% con “altro” (come li definisce l’Istat), cioè genitori con cittadinanza che portano in Italia i figli oppure neomaggiorenni nati e cresciuti in Italia. In Emilia-Romagna 67mila persone hanno ottenuto la cittadinanza con “altro”, cioè 6.500 l’anno. La cittadinanza, ha affermato Facchini, non impatterebbe in modo significativo: vanno esclusi quelli da 0 a 10 anni e 80mila che non rientrano nella possibilità di beneficiare della legge. Poi ci sono paesi che non danno la doppia cittadinanza (Cina, Pakistan, Ucraina e Ghana), significa che il 20% dei minori non possono avere doppia cittadinanza. Aumentare la possibilità di acquisire la cittadinanza, ha concluso, potrebbe avere due benefici: far aumentare la sfera politica e partecipativa (al diciottesimo anno si potrebbero fare politica) e, a caduta, si avrebbe un aumento di permessi di soggiorno più stabili.
Per Marwa Mahmoud, consigliera del Comune di Reggio Emilia, “negli ultimi trent’anni l’Italia è cambiata, è anacronistico pensare che sia ancora quella della prima o seconda generazione di immigrati. L’assenza di una nuova legge sulla cittadinanza esclude tante persone dalla vita pubblica, da diritti di cittadinanza. In questi anni sono nati e cresciuti ragazze e ragazzi che si sentono italiani, che non sono mai andati nei paesi d’origine dei loro genitori: eppure sono escludi dai bandi, dai concorsi pubblici, non possono votare”, mentre Sefaf Siid Negash Idris, consigliere comunale di Bologna, ha ricordato come “in questi giorni il Consiglio comunale ha inserito lo Ius soli nello statuto del Comune di Bologna: il voto del Consiglio è stato un modo per ricordare che serve una legge nazionale per superare una situazione sbagliata e assurda”.
Dal canto suo Michelle Rivera, esponente della campagna “Dalla Parte Giusta della Storia”, ha ribadito come “le norme vigenti sul tema cittadinanza sono del 1992, quando c’erano poche centinaia di migliaia di immigrati, oggi sono 5 milioni: la legge è quindi superata e sbagliata. Ho visto il dibattito alla Camera e non capisco se alcuni parlamentari fanno i finti tonti quando dicono di non capire l’importanza di questa legge. Ci sono motivazioni ideali, ma anche pratiche: ci sono parlamentari che non capiscono e dicono cose sbagliate. Ho sentito deputati dire “per avere la cittadinanza italiana bisogna che i giovani stranieri conoscano le sagre di Paese”, ma chiediamo a ragazzi italiani e bianchi se conoscono le sagre dei loro paesi, secondo me no. Noi ci ispiriamo all’amore di questi bambini nati e cresciuti in Italia che amano l’Italia ma non si sentono corrisposti. Sono persone, sono figli di persone che pagano le tasse in Italia”.
Netta la posizione di Ihsane Ait Yahia dell’associazione “Italiani senza cittadinanza”, “viviamo una situazione di discriminazione, nessuno ci regala diritti, anche solo per ottenere il permesso di soggiorno ci sono aspetti così ostici che è difficile. La legge di cui si discute in parlamento va bene, ma bisogna inserire un principio di retroattività”.
Le audizioni, e in particolare le parole dell’onorevole Brescia, hanno suscitato una serie di reazioni da parte dei consiglieri regionali.
“Contesto l’organizzazione di questa commissione che è stata a senso unico, contesto a partire dall’intervento dell’onorevole Brescia che ha fatto un intervento da politico”, ha spiegato Michele Barcaiuolo (Fdi) che accusa “la presidenza di questa commissione di aver chiamato solo alcune e sempre le solite associazioni, ignorandone altre. Così come sono stati invitati consiglieri comunali solo di alcune forze politiche, ignorandone altre. Nel merito contesto che la cittadinanza sia un diritto da riconoscere, ma è uno status da reclamare. È sbagliato dare la cittadinanza a un minore figlio di stranieri perché se i loro genitori vanno all’estero ci troveremmo con un minore senza genitori ma con cittadinanza italiana”. Per Barcaiuolo “il vero problema è una burocrazia troppo lenta, sono pronto a lottare per ridurre i tempi burocratici per l’ottenimento della cittadinanza alla luce dell’attuale legge nazionale in materia”.
Anche per Valentina Stragliati (Lega) “oggi è successa una cosa sbagliata, sia nelle convocazioni degli ospiti sia nella gestione della seduta. Pd e Movimento 5 Stelle hanno sbagliato: stanno bloccando i lavori del parlamento. Ricordo a tutti che l’unico senatore nero è della Lega: si è integrato senza che nessuno gli regalasse niente”. Sulla stessa linea Simone Pelloni (Lega): “Spiace che il calendario della commissione non sia stato condiviso, nel merito si fa molta confusione su cosa sia la cittadinanza”.
Netta la replica di Roberta Mori (Pd): “Si è anteposto il metodo al merito, quando di merito ce ne è molto: ci sono in giro troppi benaltristi che lasciano a margine i diritti delle persone. Nel mondo ci sono 59 paesi in guerra, in nessuno di questi si rispettano i diritti umani: bisogna mettere al centro i diritti umani. È arrivato il momento di aggiornare i diritti di cittadinanza al nostro presente. È sempre il tempo dei diritti e dell’umanità”.
Netta la posizione di Silvia Piccinini (Movimento 5 Stelle): “L’onorevole Brescia è stato invitato come relatore e come tale si è comportato, le critiche che ha ricevuto non sono accettabili. Noto che c’è sempre una certa discriminazione tra gli immigrati bianchi e quelli neri. La verità è che nel mondo reale ci sono bambini di serie A e di serie B. A livello nazionale si sta lavorando per superare questa cosa”.
“Questa è una legge di civiltà, va approvata perché ci sono situazioni paradossali a cui va posto rimedio e per porre rimedio serve una legge, non basta un atto amministrativo”, spiega Antonio Mumolo (Pd), per il quale “i tempi lunghi per l’ottenimento della cittadinanza non sono solo problemi di burocrazia: Salvini da ministro ha aumentato di due (prorogabili a tre) i tempi per avere la risposta alla richiesta della cittadinanza, spero che la legge venga approvata perché farebbe vivere tante persone che sono italiani di fatto”.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]