Reggio, si sgonfia l’Appaltopoli in Comune: condannati solo Gnoni, Montagnani e i Corradini

Guardia di finanza 117 auto piazza Prampolini Reggio

Finisce in una bolla di sapone l’inchiesta sui presunti appalti irregolari in Comune a Reggio. La sentenza di primo grado, pronunciata nella tarda mattinata di oggi, giovedì, ha infatti emesso una raffica di assoluzioni facendo cadere l’accusa di corruzione in relazione ai cinque bandi di gara indetti tra il 2015 e il 2017 – per un valore complessivo di 27 milioni – finiti nel mirino della Guardia di finanza e della Procura reggiana.

Del castello accusatorio montato dalle pm Giulia Stignani e Valentina Salvi è rimasta in piedi solo l’accusa di turbativa d’asta, per la quale sono stati condannati a 1 anno e mezzo l’ex resposabile dell’Ufficio legale Santo Gnoni e il dirigente del Comune Roberto Montagnani. Un anno di carcere (pena sempre sospesa) ciascuno a Vincenzo Corradini e al figlio Lorenzo, dell’omonima impresa di soccorso mezzi stradali.

Assolti tutti gli altri imputati, una quindicina, tra cui l’ex assessore comunale Mirko Tutino e il direttore dell’Istituzione Nidi e Scuole dell’infanzia del Comune di Reggio, Nando Rinaldi, protagonista di una toccante testimonianza in aula e per il quale la stessa pubblica accusa aveva chiesto l’assoluzione. Una delle pochissime inziative azzeccate dai pubblici ministeri Giulia Stignani e Valentina Salvi in questa inchiesta che balzò agli onori della cronaca anche perché causa del contrasto – insieme alle chat di Palamara – tra il pool delle quattro magistrate (c’erano anche Maria Rita Pantani e Isabella Chiesi) e l’allora procuratore Marco Mescolini, che venne poi allontanato dal Csm proprio in seguito all’esposto delle colleghe.

Non va infatti dimenticato che l’inchiesta sugli appalti in Comune, avviata nel 2016 ma divenuta nota proprio alla vigilia delle elezioni amministrative del 2019, iniziò con l’immancabile clamore mediatico a carico di ben 40 persone, tra cui il sindaco Luca Vecchi, che ne uscì subito. Dai 40 indagati si arrivò a 20 rinvii a giudizio, con in mezzo un patteggiamento, un’assoluzione con rito abbreviato e due “non luogo a procedere”.

Nei confronti delle 20 persone sotto processo, un paio di settimane fa le pm Salvi e Stignani chiesero ben 13 condanne per un totale di ben 39 anni e 3 mesi di carcere, 11 dei quali sono per Santo Gnoni, per una serie di reati che andavano dal falso in atto pubblico alla turbativa d’asta, dalla rivelazione di segreto d’ufficio fino appunto all’accusa più grave, quella di corruzione. Ma alla fine, appunto, tutto si è concluso con 4 sole condanne, per 5 anni complessi di carcere (pena sospesa) per il solo reato di turbativa d’asta.

Cinque i bandi entrati nel processo indetti tra il 2015 e il 2017, tra cui la gara – da ben 25 milioni – che comprendeva la gestione per otto anni della sosta sulle “strisce blu”, del trasporto scolastico, dei servizi di controllo Ztl e di bike-sharing.