Put eyebrows on it. “Mettici le sopracciglia” – genuina espressione zappiana – significa metterci, nel suonare, quel quid in più che lo rende speciale e unico, e cha fa la “piccola” differenza fra una buona performance e un “absolutely astonishing expert playing”.
Peter Rundel lo sa bene dal 1993, quando con Frank Zappa tenne a battesimo The Yellow Shark in concerti leggendari, dopo un anno di prove infinite e puntigliose, con le 29 paia di sopracciglia dell’Ensemble Modern di Francoforte. 25 anni dopo, oggi, torna a dirigerlo da allora per la prima volta con l’Ensemble Giorgio Bernasconi dell’Accademia Teatro alla Scala – giovani strumentisti di una nuova generazione – nel tour italiano di una nuova produzione che, dopo Milano e Roma, toccherà Reggio Emilia, venerdì 12 ottobre 2018, Teatro Municipale Valli, nell’ambito del festival Aperto.
Esito ultimo, culmine e insieme compendio della carriera di Frank Zappa, The Yellow Shark raccoglie una ventina di pezzi, ciascuno dei quali ha una propria vicenda: quelli scritti apposta per il progetto (1993), gli inediti (la melodia di Pound for Brown risale agli anni 50), quelli tolti da altre destinazioni (come Outrage at Valdez, per il documentario di Cousteau, 1989), e le canzoni da album che sono nella storia del rock (Uncle Meat, 1969; Roxy & Elsewhere, 1974; Jazz from Hell, 1986).
Creati ex-novo o ricreati/strumentati che fossero, la destinazione per ensemble e il serrato lavoro, 25 anni fa, di prove e creazione sul campo, produssero un lavoro nuovo, originale e coerente. Un indiscusso capolavoro del tardo Novecento, realizzato da un artista talmente fuori dagli schemi da riuscire ad abitare con uguale pertinenza – e acribia critico-satirica – due mondi lontani: il rock e la musica classica contemporanea.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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