La Fondazione Palazzo Magnani presenta i progetti ideati dall’artista britannico David Tremlett per la città, che comprendono The Organ Pipes, il monumentale intervento artistico permanente all’Ex Caffarri, e la mostra Another Step, a cura di Marina Dacci, negli spazi espositivi dei Chiostri di San Pietro.
Il direttore della Fondazione Palazzo Magnani Davide Zanichelli con l’artista David Tremlett e la curatrice Marina Dacci presentano all’ Ex Caffarri The Organ Pipes.
Intervengono con un saluto: la dirigente al Servizio Servizi Culturali Valentina Galloni, l’Amministratore Delegato di Stu Reggiane Luca Torri, la Responsabile ufficio stampa e comunicazione della Fondazione Reggio Children Luisa Gabbi, il Presidente del Centro Teatrale Mamimo’ Andrea Buratti, il Presidente della Reggiana Boxe Emiliano Martinelli.
David Tremlett (St. Austell, Cornovaglia, 1945) – artista con un consolidato curriculum internazionale e sessant’anni di ricerca alle spalle – è stato invitato a Reggio Emilia, su proposta di Marina Dacci, a visitare l’Ex Caffarri – edificio situato nell’area nord della Città e già oggetto di alcuni interventi di ricondizionamento. La scelta dell’artista è stata quella di intervenire sui 13 grandi silos e sull’adiacente facciata dell’edificio per creare il segno visibile di un luogo dedicato alla formazione e all’aggregazione di comunità, soprattutto giovani, che ospita la Fondazione Reggio Children, il Centro Teatrale MaMiMò e la palestra Reggiana Boxe Olmedo.
Da oltre vent’anni Reggio Emilia ha investito nell’arte contemporanea, con importanti scelte istituzionali, per la riconfigurazione di aree problematiche o in corso di trasformazione con l’obiettivo di creare un percorso di miglioramento sociale ed educativo. Tra il 2003 e il 2006 è stato realizzato il progetto di arte pubblica “Invito a…”, ideato e proposto dall’artista Claudio Parmiggiani, coinvolgendo quattro protagonisti dell’arte internazionale come Luciano Fabro, Eliseo Mattiacci, Robert Morris, Sol Lewitt a pensare e realizzare opere permanenti in alcuni luoghi della città. A questo progetto si è aggiunta nel 2022 CuriosaMeravigliosa, l’opera d’arte collettiva di Joan Fontcuberta.
In questa prospettiva si inserisce The Organ Pipes, (le canne dell’organo), uno degli interventi artistici permanenti più grandi che Tremlett abbia mai realizzato: “All’inizio il progetto non aveva un titolo – racconta l’artista – ma gradualmente ho iniziato a pensare alla funzione di questi grandi tubi e mi sono chiesto perché mi attraggono così tanto. Ho realizzato che quando entro in una cattedrale o in una chiesa posso vedere le canne d’organo che salgono lungo le pareti insieme al suono. Questi silos hanno la stessa magnificenza: sono alti e tubolari hanno in sé qualcosa che ha a che fare con il suono. I 13 elementi si innalzano verso il cielo soverchiati da una cacofonia di tubi e linee intrecciate che mi hanno ricordato le canne d’organo e la musica che emettono”.
I silos della Ex Caffarri (una fabbrica di mangimi dismessa) occupano 750 metri quadrati di superficie per una lunghezza complessiva di 75 metri e ciascuno ha una facciata di 100 metri quadrati ed è alto 11,30 metri. La realizzazione dell’opera è stata effettuata nell’arco di circa un mese con la collaborazione di un team specializzato. Per questo intervento sono stati utilizzati oltre 100 litri di colore acrilico le cui gamme di colore sono state scelte dall’artista dopo uno studio specifico del territorio in cui l’opera si inscrive: i verdi rimandano alla vegetazione circostante mentre i grigi e i marroni richiamano i materiali originari, metallo e mattone. “In termini “sonori” – prosegue l’artista – ho lavorato sulla superficie passando da tonalità di colore più chiare a più scure e viceversa, creando movimenti dall’alto al basso, dal basso all’alto e dal buio alla luce, dalla luce al buio. C’è un ritmo in tutto questo. Quindi i silos sono stati trasformati in una partitura musicale. Questa è la conclusione a cui sono giunto: colore e ritmo si congiungono. Naturalmente non si sente alcun suono, ma in quello che ho cercato di realizzare c’è musicalità. Quest’opera insiste su un centro di formazione e può essere motivo di ispirazione per i giovani pensare che un artista ha sentito una musica e un ritmo lavorando con le forme, la luce, il colore.” Tremlett conferma una vocazione artistica che da sempre accompagna il suo lavoro: operare nello spazio non sovrapponendosi allo spazio, ma conferendogli nuove potenzialità, una nuova vita.
La mostra Another Step, a cura di Marina Dacci, affianca l’importante intervento di arte pubblica creando un legame tra territori liminali della città e il centro storico. “L’idea di partitura sonora, elemento di ispirazione per l’opera permanente The Organ Pipes – spiega Marina Dacci – si sviluppa anche nelle sale della mostra Another Step organizzata nel complesso monumentale dei Chiostri di San Pietro”. L’esposizione è un omaggio a tutto tondo alla ricerca di Tremlett e propone una settantina di opere – disegni, collage, composizioni testuali – che vanno dal 1969 al 2023 di cui oltre la metà non sono mai state esposte e sono in gran parte focalizzate sul suo lavoro in studio. “La mostra – prosegue la curatrice – è costruita, con attraversamenti temporali in ogni stanza, su alcune linee di ricerca dell’artista che ne dimostrano la coerenza e la continuità nel tempo e in particolare: la sua attitudine da perenne viaggiatore; il piacere della scoperta che si che si misura con il suo avanzare fisico creando personali mappature e reinvenzione dei luoghi; il suo rapporto con le architetture e la loro rilettura visionaria che li trasforma in paesaggi astratti e sonori in cui il movimento del corpo e dello sguardo sono intesi come atteggiamento scultoreo dell’artista; il suo rapporto con il linguaggio inteso come un’ossatura dell’opera, a volte in forma di alfabeti, a volte di piccoli poemi realizzati sulla base di libere associazioni; la sua relazione con lo spazio inteso come espressione sonora che accompagna tutte le sue opere; il suo importante rapporto con l’Italia nel corso degli anni.”
L’artista ha inoltre realizzato un prezioso intervento permanente dal titolo Interno nel complesso monumentale di San Pietro: un piccolo wall drawing con pastelli strofinati a mano sulla parete in una nicchia, all’interno della Sala delle Colonne. Le sue linee incorniciano e seguono l’andamento della superficie, i colori graduano dai grigi ai verdi salvia e bosco creando uno sfondamento virtuale della stanza. “Interno – afferma Marina Dacci – è una entrata mistica che apre uno spiraglio verso l’altrove”.
L’allestimento espositivo si snoda in otto sale degli storici Chiostri di cui una è dedicata al disegno preparatorio dell’opera permanente The Organ Pipes. Sono inoltre visibili un video di documentazione sul processo della sua realizzazione e due teche contenti rari libri d’artista e altri materiali di documentazione.
La mostra è affiancata dal libro, pubblicato da gli Ori-editori contemporanei in versione italiana e inglese, che documenta sia l’opera permanente sia la mostra con i testi di Luca Massimo Barbero e di Marina Dacci creando un percorso di lettura e approfondimento della poetica e del modus operandi di Tremlett.
L’esposizione è affiancata da diversi incontri di approfondimento – come il dialogo tra Marina Dacci e David Tremlett il 12 ottobre alle ore 10 nell’ambito della Giornata del Contemporaneo – workshop e convegni su tematiche quali l’arte pubblica e l’architettura come motori sociali per la rigenerazione urbana, oltre alle attività educational organizzate dalla Fondazione Palazzo Magnani per scuole, famiglie e gruppi di visitatori. Il programma completo sul sito www.palazzomagnani.it
Il dipartimento Edu della Fondazione ha inoltre supportato il progetto Tremlett Line realizzato dagli studenti del Liceo Artistico “G. Chierici” di Reggio Emilia: un percorso artistico che collega la mostra ai Chiostri di San Pietro con l’intervento dell’artista sui silos del quartiere Santa Croce. La Tremlett Line, è un’installazione urbana effimera, ispirata al suo linguaggio pittorico e concettuale che si snoda attraverso luoghi iconici, simboli del passato, presente e futuro della città, intrecciando arte, video e memoria storica dei luoghi.
www.palazzomagnani.it
Sante parole!!!
“…il piacere della scoperta che si misura con il suo avanzare fisico creando personali mappature e reinvenzione dei luoghi; il suo rapporto con le architetture e la loro rilettura visionaria che li trasforma in paesaggi astratti e sonori in cui il movimento del corpo e dello sguardo sono intesi come atteggiamento scultoreo dell’artista; il suo rapporto con il linguaggio inteso come un’ossatura dell’opera, a volte in forma di alfabeti, a volte di piccoli poemi realizzati sulla base di libere associazioni; la sua relazione con lo spazio inteso come espressione sonora che accompagna tutte le sue opere;…”
“movimento del corpo e dello sguardo sono intesi come atteggiamento scultoreo dell’artista”… “relazione con lo spazio inteso come espressione sonora ” “il linguaggio inteso come un’ossatura dell’opera”??… e via di questo passo.
Sono locuzioni fatte per ostacolare se non addirittura impedire la lettura, un mondo metafisico inaccessibile che maschera la pochezza, quando non l’assenza, di contenuti. Basti per questo porsi la semplice domanda: cosa significano quelle descrizioni artificiose?
Chi si trovi a leggere queste “proposizioni” normalmente pensa che sia un linguaggio per esperti d’arte, precluso a chi non alberghi nell’eburneo mondo dei sapienti e, autoescludendosi da simile sinedrio, chiude la questione in due secondi passando, giustamente, ad altro.
Di “cose” simili se ne sono lette a vagonate e nella quasi totalità dei casi si possono applicare a qualsiasi “artista “, sempre ammesso che di artista si tratti, in realtà tale congerie di circonlocuzioni significa esattamente questo: niente, o qualcosa di molto simile.
Oramai chiunque si dia la pena di imbrattare muri o tele viene elevato ad artista, è sufficiente che perseveri col suo “tocco particolare” al fine di diventare riconoscibile ed il gioco è fatto, anche se inscatolasse escrementi e li esponesse, come è già successo nel 1961, in segno di sberleffo sia ai fruitori che ai c.d. critici