I carabinieri del comando provinciale di Reggio, al termine di una complessa e articolata attività investigativa avviata nell’ottobre del 2018, hanno sgominato un’organizzazione criminale ritenuta responsabile di 212 truffe aggravate, messe a segno in tutta Italia, e 55 furti aggravati, compiuti prevalentemente in provincia di Reggio, per un bottino complessivo stimato in oltre un milione di euro in meno di un anno (tra il luglio del 2018 e l’aprile del 2019).
Dalle prime luci dell’alba di giovedì 16 giugno un centinaio di militari reggiani, in collaborazione con i comandi territorialmente competenti dell’Arma dei carabinieri, è stato impegnato tra l’Emilia-Romagna e il Trentino Alto Adige per eseguire 17 provvedimenti cautelari emessi dal giudice per l’indagine preliminare del tribunale di Reggio nei confronti di altrettante persone indagate (di età compresa tra i 24 e i 47 anni e residenti nelle province di Reggio, Bologna e Bolzano: 13 sono state arrestate, 3 sono finite agli arresti domiciliari, un’altra è stata raggiunta dall’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) e per effettuare le perquisizioni ritenute necessarie per recuperare una parte della refurtiva e dei proventi delle truffe messe a segno dall’organizzazione criminale.
L’operazione, denominata “Ghost” (per la difficoltà riscontrata dagli inquirenti nell’identificare gli autori dei vari reati), è stata avviata e portata a compimento dai carabinieri di San Polo d’Enza, sotto il coordinamento della procura di Reggio: sono 37 in tutto le persone indagate, alcune delle quali sono risultate imparentate con soggetti già gravati da precedenti per associazione di stampo mafioso emersi in importanti inchieste antimafia (in particolare i processi Aemilia e Perseverance), per un totale di 448 capi di imputazione complessivamente contestati a vario titolo: tra questi associazione a delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di furto, di utilizzo indebito di carte di pagamento, di truffa e di riciclaggio, concorso in furto aggravato, ricettazione, riciclaggio, truffa aggravata e falso.
Nei confronti di sei persone indagate, risultate percettrici del reddito di cittadinanza, è stata chiesta all’autorità giudiziaria anche la sospensione della misura di sostegno.
Le indagini hanno preso il via il 28 ottobre del 2018 dopo un furto avvenuto nella canonica della parrocchia di San Polo d’Enza e il successivo utilizzo delle carte di credito rubate, che sono state poi utilizzate per effettuare prelievi di contanti non autorizzati e ricariche di carte PostePay intestate a soggetti terzi compiacenti.
Il lavoro degli inquirenti, efficacemente supportato dall’ufficio antiriciclaggio di Poste Italiane e grazie ad attività di intercettazione (circa 900.000 record di traffico telefonico analizzati), ha permesso di ricostruire un quadro esaustivo delle attività criminali dell’organizzazione, che era articolata in due distinte batterie: una attiva nel mettere a segno furti di carte bancomat o di credito, da usare poi per prelevare contanti, l’altra dedicata invece alle truffe online, e specializzata in particolare nell’ormai nota “truffa della ricarica al contrario” agli sportelli bancomat.
Le vittime dei furti erano soprattutto persone anziane, scelte per le loro accentuate condizioni di vulnerabilità: intercettate all’esterno di supermercati e centri commerciali, venivano avvicinate, distratte con una scusa (richieste pretestuose di informazioni o presunti danni arrecati ad altri veicoli) e nel frattempo derubate di borse, borselli e portafogli lasciati incustoditi sui sedili delle rispettive auto.
Le truffe, invece, avvenivano con due modalità principali. La prima era la pubblicazione di falsi annunci online relativi alla vendita di prodotti oppure all’affitto di inesistenti case per le vacanze: alla vittima che si mostrava interessata veniva chiesto di ricaricare una carta PostePay in uso al sodalizio, ma subito dopo il pagamento il sedicente venditore/affittuario si rendeva improvvisamente irreperibile.
La seconda modalità, invece, consisteva nel contattare telefonicamente gli inserzionisti che avevano pubblicato online annunci di vendita di prodotti vari, fingendosi interessati all’acquisto: a quel punto, con un raggiro, i venditori venivano indotti a effettuare operazioni di ricarica di carte PostePay riconducibili a componenti dell’organizzazione criminale, facendogli credere che avrebbero ricevuto subito dopo il pagamento della merce. Spesso, di fronte alle proteste dell’ignara vittima, che magari nel frattempo si era accorta dell’addebito sul conto corrente, i falsi acquirenti facevano addirittura ripetere alla malcapitata le operazioni di ricarica, raddoppiando così l’importo della truffa e il danno economico per la persona truffata.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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