Si aggrava la situazione dei tre fratelli Amato, che a inizio febbraio tennero con il fiato sospeso per due settimane ristoratori e pizzaioli di Reggio e provincia con richieste estorsive anticipate da biglietti minacciosi – dattiloscritti e affissi sulle vetrate dei locali presi di mira – rafforzate da colpi di pistola esplosi durante la notte contro le attività commerciali che non si erano piegate alle minacce.
Sei colpi di pistola contro la porta a vetri della pizzeria La Perla a Cadelbosco di Sopra nella notte tra il 31 gennaio e il primo febbraio scorsi, cinque colpi di pistola contro la vetrata della pizzeria Piedigrotta 3 in via Emilia Ospizio a Reggio nella notte tra il 6 e il 7 febbraio.
E poi gli avvertimenti – con tanto di pizzino attaccato alla porta – ad altre due pizzerie reggiane, Piedigrotta 2 e Paprika, che non subirono la stessa sorte delle precedenti solo perché i carabinieri di Guastalla, di Cadelbosco di Sopra e del nucleo investigativo del comando provinciale di Reggio riuscirono a fermare in tempo i tre sospettati: il 20enne Cosimo Amato, il 29enne Mario Amato e il 22enne Michele Amato, tutti figli di Francesco Amato, già condannato per mafia nel maxiprocesso Aemilia.
La posizione dei tre fratelli, già in carcere, si è ulteriormente aggravata: le indagini dei carabinieri di Reggio e di Piacenza, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, hanno infatti consentito di accertare la matrice mafiosa degli avvertimenti a scopo di estorsione. I tre fratelli, secondo gli inquirenti, avrebbero agito per agevolare l’attività del sodalizio di ‘ndrangheta emiliano, la cui esistenza e operatività è stata riconosciuta proprio nell’ambito del processo Aemilia.
Per questo motivo la d.ssa Beatrice Ronchi della Dda di Bologna, alla luce dei risultati investigativi, ha chiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bologna un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i tre fratelli Amato, che è stata eseguita dai carabinieri nei rispettivi carceri dove i tre sono già ristretti.
All’epoca del fermo dei tre fratelli, avvenuto lo scorso febbraio, le perquisizioni a carico degli indagati avevano permesso di sequestrare importante materiale probatorio, tra cui l’auto e la moto utilizzate durante i raid intimidatori contro le pizzerie reggiane e la macchina da scrivere con la quale, secondo gli inquirenti, sarebbero stati redatti i “pizzini” contenenti le richieste economiche da presentare ai ristoratori presi di mira.
Ultimi commenti
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]