La retorica, ammesso e non concesso, che possa essere accettabile nei comizi, è invece stonata nella letteratura, come in chi fa il mestiere della storico. E i racconti raccolti nel libro di Bertoldi e Collini sono essenziali, cioè senza retorica, proprio come promette il titolo.
Un esempio? In “Bertazzoni”, «un fascista ancora prima di nascere», Bertoldi scrive, ispirato dai racconti della madre Ermanna Reverberi: «Le bombe le ho viste tutte. Ho visto le case sventrate. I corpi coperti di polvere, come se fossero stati impanati. I partigiani li ho visti e mi sono piaciuti subito. Erano giovani. Tutti, anche quelli che non lo erano più, perché la giovinezza ce l’avevano·in tasca e negli occhi. Di morti ne ho visti parecchi. Lungo i canali, quando andavo a lavorare. Abbandonati. Ho visto pure un carro pieno di morti tedeschi, quando i tedeschi hanno iniziato a ritirarsi. Nell’aria si sentiva una specie di elettricità….».
A più di ottant’anni, Ermanna ricorda «un milione di cose», ma una cosa le è «rimasta dentro: la fame». Una condizione, oltre la violenza, che ha accumunato tutta l’Italia in guerra (e l’Europa).
È, ovviamente, l’antifascismo, declinato nel suo allontanarsi dal fascismo storico, come lo definisce ad esempio Emilio Gentile, e in mutazione coi tempi che cambiano, il filo che lega i 23 racconti di Storie di antifascismo senza retorica.
Gli autori e lo storico Francesco Filippi, che del libro ha scritto la prefazione, ritengono al contrario di Gentile che con la crisi della sinistra, in primis con la “morte” del Pci alle fine degli anni Ottanta del Novecento, i «fascisti uscivano dalle catacombe della storia …ce l’avevano fatta, si dissero, erano sopravvissuti a cinquant’anni di democrazia. E ora potevano giocarci, con la democrazia» (Filippi). «L’“assenza di fascismo” in questa Repubblica – scrivono Bertoldi e Collini nella premessa – dal 1945 a oggi, è stato solo il desiderio, mai realizzato, di chi ama la democrazia».
Non è nostra intenzione aprire un dibattito sulla questione in questa sede, ma fornire spunti di riflessione consigliando la lettura sia del saggio di Sergio Luzzatto “La crisi dell’ antifascismo” (2004) sia del più recente “Chi è fascista” di Emilio Gentile (2019).
Chi sostiene il ritorno del fascismo usa la pratica dell’analogia – afferma Gentile nel suo saggio – «in cui prevale la tendenza a sostituire alla storiografia – una conoscenza critica scientificamente elaborata – una sorta di “astoriologia” …dove il passato storico viene continuamente adattato ai desideri, alla speranze, alle paure attuali».
In altre parole: l’uso passe-partout del termine “fascista” o “fascismo” prescinderebbe dalla realtà storica in cui nacque.
Torniamo al libro. Dei 23 racconti, cinque sono di altri autori: Andrea Pennacchi, scrive di suo padre deportato, nel 1944, a Ebensee, in Austria; Giorgio Boatti dell’Italia fino al giorno della strage fascista del 12 dicembre 1969 [per approfondire l’Italia delle stragi e del terrorismo consigliamo il libro di M. Gotor, “Generazione Settanta” (2022), vedi “Generazione ’70, alla fine è andata bene”, Marco Philopat racconta un episodio della vita di Andrea Bellini, esponente del Movimento studentesco milanese, attivo negli anni Settanta del ¢900 e Rossana Rossanda chiude con un flash della sua vita da partigiana.
Gli altri racconti a firma di Bertoldi e Collini, il cui taglio è essenzialmente biografico o autobiografico, si diceva, hanno come filo conduttore l’antifascismo, nella maggior parte di essi palesato, in altri in controluce, e in diversi fa capolino la “coscienza di classe contro il capitale”. Ancora: trova posto una certa nostalgia, con un pizzico di ironia, dei tempi andati quando si vendevano casa per casa “l’Unità”( il quotidiano del Partito comunista italiano) e il 1° maggio i garofani rossi e l’associazione Italia-Urss organizzava viaggi nel paese del “socialismo reale”.
E si manifesta anche il cuore granata di Collini in “Igor Simutenkov, calciatore”. «Il ragazzo – scrive il “cantante” degli Offlaga Disco Pax, riassumendo pure quasi vent’anni di storia dell’Unione sovietica – che era cresciuto con Leonid Brežnev, Konstantin Černenko, Jurij Andropov e Michail Gorbačëv, era la stella della Dinamo Mosca … segnò ventiquattro reti in una sola stagione … catapultandosi immediatamente nel calcio che conta, ma dalla porta di servizio: la Reggiana di Franco Dal Cin, allenata da Pippo Marchioro (1994)».
Arturo Bertoldi, Max Collini, Storie di antifascismo senza retorica, People, 2024, pp. 126, 15,00 euro (recensione di Glauco Bertani).
(Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia).
Da menzionare il racconto della tragica vicenda riguardante l’omicidio irrisolto di Olof Palme, avvenuto quasi quarant’anni fa nella gelida ed allora neutralissima e integerrima Svezia che offre spunti di riflessione terribilmente attuali nel drammatico momento socio-politico che stiamo vivendo.