La situazione delle società sportive è al collasso e le risorse disponibili non saranno sufficienti a salvare una gran parte di esse.
L’emergenza Covid ha avuto anche conseguenze nefaste indirette come il crollo delle sponsorizzazioni oltre che degli iscritti, con la comprensibile scelta delle famiglie di ridurre le spese per le attività sportive.
Le palestre scolastiche, dove le società sportive da sempre svolgono le proprie attività e spesso ne sono pure concessionari e gestori, sono al centro di un braccio di ferro tra dirigenti scolastici, ministeri ed enti locali proprietari.
Il Ministro dello Sport, il CONI, le federazioni nazionali e i medici sportivi italiani hanno espresso parere favorevole alla riapertura gestita agli sport di contatto, con alcune discipline come calcio, pallacanestro, pallavolo, ciclismo che rappresentano la maggioranza degli sportivi italiani.
A partire da fine giugno il più delle regioni italiane ha deliberato, pur con un’adeguata attività di monitoraggio, la ripresa delle attività di tali discipline.
Risulta difficile e quasi incomprensibile la scelta dell’Emilia Romagna che continua a temporeggiare e rimpallare la responsabilità del processo decisionale quando le regioni confinanti come Lombardia (tutt’ora la più colpita dal Covid), Veneto, Marche e Toscana hanno ripreso le attività.
Non si capisce il senso del diniego della nostra regione considerando, oltretutto, che dal 3 aprile vige la libera circolazione dei cittadini tra le regioni e ogni giorno centinaia di migliaia di persone attraversano in ogni direzione i confini regionali, rendendo di fatto inutile ogni limitazione regionale diversa rispetto a quanto vigente nei territori limitrofi.
Impossibile negare l’evidenza dei campetti sparsi su tutto il territorio dove i ragazzi non osservano più il divieto, e dove vi è una sorta di deregulation generalizzata impossibile da bloccare.
Lo stesso accade sulle strade emiliano romagnole dove gruppi di ciclisti si possono tranquillamente incontrare
Siamo arrivati al paradosso
A Viadana si può giocare, a Boretto no, ma gli stessi ragazzi che giocano nella cittadina oltre la riva del grande fiume, vengono la sera nelle discoteche emiliane
Crediamo che sarebbe molto più saggio prendere atto di tali situazioni ed evitare di danneggiare ulteriormente le società sportive emiliane, provare a gestire con esse la transizione, piuttosto che continuare a imporre un divieto che è inutile e le penalizza rispetto a quelle delle altre regioni.
Normalmente in questi tempi sono già definite le attività sportive per la stagione successiva ma in Emilia non è possibile farlo perché la giunta regionale, forse, non ha ancora capito che non si sta discutendo di un semplice campionato, ma della sopravvivenza di un intero sistema sportivo, economico e sociale, comprese migliaia di persone che vi lavorano.
L’enclave Emilia Romagna non ha una logica se il contesto va in altra direzione e vi è libera circolazione delle persone.
“Lo sport è patrimonio della nostra identità culturale, genera benessere e stili di vita positivi. Lo sport di base, in particolare, rappresenta un elemento fondamentale ed estremamente positivo sul territorio. Chiediamo con urgenza che lo sport rientri fra i primi punti dell’agenda governativa regionale” Vania Toni coordinatrice tavolo sport Italia Viva Reggio Emilia “Lo chiedono le associazioni sportive locali che stanno vivendo una situazione di grande sofferenza, sono le meno tutelate e meno ascoltate nonostante svolgano un’attività che può essere intesa come un contenitore protetto, un’agenzia educativa.”
E’ in atto un vero e proprio smantellamento del tessuto sociale, occorre la massima attenzione e una risposta che sia in linea con le scelte dei vari territori confinanti con l’Emilia Romagna.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]