Sabato 21 settembre alle 20.30 al teatro municipale Valli si aprirà con “Il richiamo degli scomparsi” di Massimo Zamboni l’undicesima edizione del Festival Aperto di Reggio, a cura della Fondazione I Teatri: un progetto in esclusiva grazie al quale Zamboni si misura con la dimensione teatrale, con inedite collaborazioni – tra cui quella con il regista Fabio Cherstich, giovane e affermato sia nella prosa che nel teatro musicale – e un’orchestra composita, costituita all’uopo per canzoni antiche e recenti che diventano nuove.
Gli artisti scomparsi di Reggio compongono un pantheon dello spirito emiliano, del suo cuore profondo, dove “sembra che il sangue circoli più rapido”. Un grande palcoscenico con scene e video, la scena popolata di musicisti e di “prime parti” ospiti, una drammaturgia del ricordo dove si alternano scomparsa e riapparizione.
Si tratta di “un’orazione con orchestra”, come recita il sottotitolo dello spettacolo, di un concerto scenico dall’inedito cast: oltre a Zamboni, infatti, saranno sul palco i cantanti Nada, Ginevra Di Marco, Vasco Brondi, Murubutu e Marina Parente e i poeti (e per l’occasione lettori) Aldo Nove ed Emilio Rentocchini, oltre a un intervento video di Flavia Mastrella e Antonio Rezza.
Un intersecarsi di voci tra canzoni tratte dal repertorio di Zamboni, Cccp, Csi e letture degli autori presenti e di quelli scomparsi; una grande compagine orchestrale composta dall’Orchestra della Riapparizioni (15 chitarre), da L’Usignolo (7 fiati) e dalla band di Zamboni, per arrangiamenti originali inediti; oltre ai filmati di Piergiorgio Casotti.
Ma chi sono gli “scomparsi”? Le parole di Cesare Zavattini e Silvio D’Arzo, di Corrado Costa, Pier Vittorio Tondelli, Antonio Ligabue e Alcide Cervi, il canto di Giovanna Daffini e Augusto Daolio; gli artisti dell’immagine Luigi Ghirri, Pietro Ghizzardi, Umberto Tirelli, Achille Incerti, Marisa Bonazzi, Serafino Valla; e ancora Tienno Pattacini, Romolo Valli, Serge Reggiani, Lucia e Otello Sarzi. O ancora, immergendosi nella storia, Gaetano Chierici, Maria Melato, Ludovico Ariosto e Matteo Maria Boiardo.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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