Reggio. Il comitato provinciale: no al taglio della democrazia

Camera Parlamento

Nonostante sia deprecabile la scelta di fsr coincidere un referendum di cosi decisiva importanza con scadenze regionali e amministrative il Comitato provinciale di Reggio Emilia é pronto a sviluppare argomenti a favore del no alla legge taglia deputati fornendo solide ragioni a chi si recherà voto senza eccessivi condizionamenti di parte e con piena consapevolezza delle conseguenza della sua scelta. Primo argomento. La legge costituzionale approvata é stata posta alla base della formazione del nuovo governo. Mai in passato un governo democratico era nato sulla base dell’accettazione di una riforma costituzionale.

In questo modo si é aperto un vulnus perché il rispetto o la riforma della Costituzione erano sempre state tenute distinte dalla formazione di maggioranze di governo, essendo la Costituzione una cornice di valori, di istituti e di norme che abbracciano (o dovrebbero abbracciare) tutti a prescindere dalla collocazione parlamentare di ciascuno. Secondo. Ridurre drasticamente il numero dei parlamentari non produce alcun beneficio economico. Non taglia i cosiddetti costi della politica se non di un nonnulla (neanche 100 milioni l’anno). Risponde solo a quella folle e improduttiva lotta alla cosiddetta casta, oltretutto sbagliando casta. Che, semmai esiste, non va certo individuata nel Parlamento repubblicano, istituzione democratica e rappresentativa della volontà popolare. Terzo motivo. Questa riforma non viene inquadrata in alcun processo di riforma istituzionale. E’ solo un taglio per il taglio, senza progetto alcuno. Quarto. La legge inficia il mandato popolare. La costituzione é stata mutata agli articoli 56 e 57, che stabiliscono i criteri della composizione della Camera dei deputati e del Senato, tre volte.

Il numero fissato in Costituzione per la Camera era di un eletto ogni 80mila abitanti, poi corretto con la modifica costituzionale del 1963 nel numero di 630, e con la successiva modifica costituzionale recente che attribuiva 12 seggi (tra i 630) per gli italiani all’estero. Per quanto riguarda il Senato il testo del 1948 prevedeva l’elezione di un senatore ogni 200mila abitanti, poi corretto con la modifica costituzionale del 1963 nel numero di 315, dei quali 6 eletti all’estero grazie alla riforma più recente.

In rapporto alla popolazione, oggi vi è un deputato ogni 96mila abitanti circa e un senatore ogni 189mila abitanti. Dunque si tratta di un numero complessivo anche lievemente minore rispetto a quello fissato dai padri costituenti. Con questa legge i deputati passano da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200 e il rapporto con la popolazione si allontana ancora di più dal criterio stabilito dai costituenti: diventa di un deputato ogni circa 150mila abitanti e di un senatore ogni circa 330mila abitanti. Meno saranno i parlamentari e più ampi saranno i collegi e meno stretta la dipendenza dell’eletto dall’elettorato. Con questa sciagurata riforma l’Italia che é tuttora 22esima per il rapporto tra parlamentari e popolazione (dietro Gran Bretagna e poco avanti Francia, Spagna e Germania) si collocherebbe al penultimo posto. Penultimo posto in fatto di rappresentatività e democrazia. Quinto. La diminuzione secca del numero dei parlamentari dà seguito all’approvazione di una nuova, ennesima, legge elettorale. Si discute di ritorno al proporzionale con sbarramento al 5%. Ma questa nuova legge elettorale, definita Germanicum, prevede ancora minori garanzie di un corretto mandato elettorale. Cosi avremo ancora un parlamento di nominati. Dunque non solo col taglio dei parlamentari i cittadini avranno meno rappresentanti, ma se li vedranno scegliere tutti dai partiti. Un bel modo di concepire la democrazia.

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Cordiali saluti,

Per il Comitato Reggio Emilia

Mauro Del Bue

Rina Zardetto