Reggio, i negozi sfitti diventano una mostra

via E. San Pietro – Gromae locus

Mostra fotografica “Gli sfitti” di Gianni Marconi, da sabato 23 marzo (inaugurazione alle ore 17) a domenica 21 aprile 2024, ore 10-12,30 e 16-19,30, chiuso il lunedì e Pasqua, presso ARTyou in via Gazzata 16/b a Reggio Emilia. L’autore è presente nei fine settimana.

La mostra è accompagnata dal catalogo che raccoglie le immagini ed i testi dell’autore e del professore Massimo Mussini (168 pagine). Il progetto è costituito da 157 scatti a colori in diverso formato ad altrettante vetrine spente del centro storico di Reggio davanti alle quali si prestano a posare passanti reclutati al momento.

L’intento è quello di aggiornare la rappresentazione classica della reggianità in chiave contemporanea, con una visione fuor di retorica. Quanto realizzato si collega, seppur in discontinuità, con “Piasa Céca” di Farri, l’ultimo grande affresco di un centro storico e di una reggianità che non ci sono più, dopo duemila anni di storia. Gli edifici all’interno del perimetro del centro storico sono stati la scenografia sempre mutevole di generazioni di reggiani succedute nei secoli per abitare, lavorare, commerciare.

Con l’ingresso nel terzo millennio questa consuetudine è entrata fortemente in crisi per lo spostamento di molti motivi di interesse e degli stessi abitanti verso la periferia, verso gli uffici decentrati e verso i numerosi centri commerciali che continuano a sorgere alle porte della città. Il cambiamento di stili di vita e di mentalità della popolazione hanno estinto la connotazione unica della reggianità a favore di molteplici forme di individualità e di etnie, e sono entrati nell’uso comune nuove forme di consumo e di acquisto, fra esse l’e-commerce.

Dopo i secoli nei quali il centro cittadino ha esercitato la sua forza attrattiva assistiamo oggi ad un fenomeno di osmosi inversa che trasferisce il degrado tipico delle periferie nel cuore della città. A fianco di negozi di pregio spengono le luci altri ora vuoti, con vetrine che espongono desolazione se non sporcizia. La dimensione di questo evento è così estesa da rappresentare una svolta epocale.

L’autore non indica responsabilità o soluzioni, si fa carico di pubblicare il proprio sguardo sul fenomeno. Attraverso il fermo immagine del tempo l’autore fa emergere lo stato di sofferenza del centro storico e registra la trasformazione crescente della comunità reggiana in una coabitazione fra individui del mondo globale.

Il progetto fotografico fa perno sull’impatto visivo della calca di immagini dei negozi chiusi, accosta persone che vestono la moda a vetrine che l’hanno persa, preferisce rappresentare in modo seriale un processo sociale piuttosto che soffermarsi sulla pittorialità della singola immagine.

Lo stile dai toni neorealisti trattiene e usa le impurità che invadono il campo visivo perché funzionali ad una visione inquieta e surreale della contemporaneità.
Le vetrine sono tutte ritratte con una ripresa frontale che evita rigorosamente le linee prospettiche nell’intento di evocare il fondale scenografico del teatro. Sul palco sfilano gli attori arruolati fra i passanti per auto-rappresentarsi, consapevoli di essere il soggetto di un progetto al servizio del dibattito contemporaneo e della Storia.

Le fotografie parlanti di Gianni Marconi. Estratto della prefazione del professor Massimo Mussini

“Cosa ci dicono queste fotografie? Ci mostrano con il loro muto ma sonoro linguaggio un cambiamento epocale, del tutto simile anche se storicamente diverso nelle forme a quanto nei secoli è accaduto alla nostra città (e a tutte le altre città del pianeta).
La Reggio odierna si sta trasformando in un “non luogo” secondo l’accezione di Marc Augé, cioè in un ambiente non più aggregante, ma dispersivo e dove si passa fugacemente per necessità. E le necessità odierne non possono coincidere con quelle del passato, grazie appunto all’uso quasi bulimico dell’automobile. Si aggiungano i mutamenti del gusto, in tutti i settori, dall’alimentare all’abbigliamento, accelerato dalla pubblicità, che ha puntato sull’usa e getta e sul cambiamento stagionale, e non delle stagioni meteorologiche ma della tendenza momentanea, conducendo a una saturazione e appiattimento degli interessi personali, che non lascia più spazio a nuovi punti vendita delle medesime merci.

Ci dicono che indietro non si può tornare, perché lo scorrere del tempo è inarrestabile e i ritorni al passato possono solo avvenire in modo folcloristico, con le sagre paesane e le rievocazioni in costume. Il problema dei negozi sfitti ci invita, come accaduto nel passato, a inventare nuove e inedite soluzioni adeguate al presente con la capacità di modificare tali spazi in maniera creativa e confacente alla contemporaneità.
Vedremo se qualcuno ne sarà capace. Intanto le fotografie di Marconi ci hanno messo la pulce nell’orecchio senza infingimenti e acrobazie politico-verbali”.

(Massimo Mussini)

 

 

 (Scheda dell’autore)

Gianni Marconi nasce a Reggio Emilia nel 1959.
Progetti fotografici e mostre: “Berlino non luogo”, “Tango delle labbra”, “Essences et Coexistences”, “Il verde il bianco il rosso”, “Il cuore ha la maniglia per aprirlo”, “Urban”, “Oneiros”.

Sue foto sono esposte nel Museo dei Maggi. Vincitore del primo premio “Santiago Calatrava a Reggio Emilia, istantanee dai ponti”. Ha pubblicato i libri: “Punti di Vista”, “Claudio Zavaroni un reggiano per esempio” con mostra antologica in Fotografia Europea, “Poiano il libro delle famiglie. 1600-2000”. Ha curato mostra e cataloghi di Stanislao Farri “Dal bianco al nero” e “Amuleti di pietra”. Ha curato il progetto e l’esecuzione di numerose fotografie del libro “Quattro passi per Reggio” di Massimo Mussini, Corsiero editore.