Scrivono in una nota congiunta (Azione – Italia Viva) i coordinatori provinciali di Reggio Emilia, Marco Cassinadri e Maura Manghi (foto): “Sulla Gazzetta Ufficiale del 31 ottobre 2022 è stato pubblicato il Decreto Legge n. 162, recante, fra le altre, la norma di: “prevenzione e contrasto dei raduni illegali”.
Tale previsione normativa ha provocato un forte dibattito tra politici e giuristi in merito all’opportunità o meno di introdurre nell’ordinamento giuridico una nuova fattispecie di reato.
Il gruppo di lavoro di Azione ed Italia Viva Reggio Emilia, senza alcuna pretesa accademica, ma al solo scopo di evidenziare le criticità e stimolare il dibattito, intende affrontare tale argomento e motivare il proprio dissenso rispetto un testo di legge che, così com’è, appare assolutamente generico, inutilmente ridondante e tale da provocare non pochi problemi in termini ricadute pratiche sulle aule di giustizia.
Fughiamo subito il campo da dubbi e sterili speculazioni e chiariamo che Azione ed Italia Viva Reggio Emilia sono contrarie ai rave e sempre a sostegno della legalità; questo breve articolo intende unicamente analizzare la norma pubblicata in Gazzetta Ufficiale e valutare se vi sia una coincidenza effettiva tra strumento utilizzato e fine dichiarato.
Il Decreto Legge è un atto di carattere provvisorio dell’ordinamento giuridico avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo ai sensi dell’art. 77 della Costituzione. I Decreti Legge, se non convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni, “decadono” ovvero perdono efficacia. Quando il decreto entra in vigore, è pienamente efficace e va applicato.
Non è la prima volta che una fattispecie penale viene introdotta con un Decreto Legge, ma si tratta di una grave forzatura dell’impianto costituzionale: le norme che prevedono quale pena una limitazione della libertà personale, dovrebbero essere predisposte dal Parlamento che valuta la correttezza del testo e l’equilibrio rispetto alle altre norme presenti nell’ordinamento.
Una prima valutazione sulla formulazione utilizzata è poco giuridica e molto pratica: è possibile ipotizzare una norma contro i rave senza mai parlare di musica?
Vi è davvero tutta questa urgenza e necessità di introdurre una legge che asseritamente sanziona i rave senza passare prima da un dibattito parlamentare? In passato ciò è avvenuto, ma sempre per colmare un vuoto legislativo, mentre, per come è formulato il testo della nuova normativa, questa esigenza pare non sussistere.
Il codice penale all’art. 633 contiene già una norma che punisce: “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto”.
Si può constatare una sovrapposizione pressoché totale tra i due reati, se non fosse per la severità della pena: 6 anni di reclusione previsti dal Decreto Legge n. 162 contro i due previsti dall’art. 633 c.p.
Tecnicamente manca la definizione del bene giuridico tutelato: la norma intende scongiurare pericoli all’ordine pubblico ed all’incolumità pubblica, senza mai definire in concreto tali concetti.
Le possibili motivazioni di una tale vaghezza sono due: o la politica, ancora una volta, ha abdicato al proprio ruolo per incompetenza, per poi lasciare al potere giuridico il compito di concretizzare tali concetti astratti; oppure, ben più grave, si è inteso introdurre una norma volutamente generica per poter comprendere all’interno eventi che vanno ben oltre il controllo di rave illegali e abbracciare, ad esempio, l’occupazione di edifici scolastici o universitari.
(Inutile ricordare che i reati non sono tutti uguali e la pena è proporzionata al biasimo sociale che una data condotta provoca all’interno della collettività.) La sanzione contenuta nella norma è insensatamente spropositata se rapportata a ben altre fattispecie criminose: l’associazione a delinquere ad esempio prevede pene che vanno da 1 a 5 anni, mentre un reato contro il patrimonio qual è la truffa è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Si è detto che la previsione di pene tanto severe sia finalizzata all’utilizzo dello strumento di indagine delle intercettazioni telefoniche. Questa non è una scusante ma un’aggravante: gli inquirenti sarebbero così legittimati ad entrare nella vita privata di semplici cittadini innocenti solamente perché sospettati di voler organizzare o semplicemente partecipare ad un rave. (Sotto questo profilo il timore che ci troviamo di fronte ad una norma molto prossima ad uno Stato Autoritario non è del tutto infondato).
Non possiamo fare altro che sperare che il Parlamento si accorga di quanto lacunosa e pericolosa sia questa previsione legislativa e che provveda ad una profonda riforma del suo contenuto. In mancanza, l’ultimo argine istituzionale è rappresentato dalla Corte Costituzionale che dovrà valutarne i profili di legittimità.
Il testo pubblicato recita: “1. Dopo l’articolo 434 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 434-bis Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.
L’ invasione per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.
Chiunque organizza o promuove l’invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000.
Per il solo fatto di partecipare all’invasione la pena è diminuita.
E’ sempre ordinata la confisca ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell’occupazione»”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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