Rapporti tesi e contraddizioni, ma i sindacati dovrebbero essere uniti

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di Luigi Bottazzi

Le Confederazioni Sindacali: è bene che abbiano sempre un prospettiva unitaria, anche se complessa e difficile.
Stiamo purtroppo registrando che in questa fase, speriamo solo congiunturale e non epocale, che, rapporti tra le confederazioni sindacali (Cgil, Cisl e Uil) sono motivo di serie preoccupazioni.

Non solo questi rapporti sono tesi, ma è facile che possano tradursi in divisioni, che sarebbero una sciagura per il mondo del lavoro e, direttamente o indirettamente, anche per il Paese. Già una frattura si è verificata a proposito degli infortuni sul lavoro con uno sciopero generale, da cui la Cisl si è distaccata. Le posizioni di merito sono al riguardo molto diverse: in sintesi si può dire che la Cisl ritiene le proposte del governo una prima “avance” utile su cui lavorare, la Cgil e la Uil sono invece contrarie e chiedono interventi penalizzanti molto più decisi verso i datori di lavoro.

Questa “linea politica” del comportamento sindacale soffre, a mio avviso, di contraddizioni piuttosto evidenti:

1) Pensare di risolvere questioni di lavoro con interventi legislativi repressivi-punitivi non ha mai dato risultati soddisfacenti e non sembra una strada che porti lontano. La strada della prevenzione e della formazione è certamente più valida e promettente (Basterebbe pensare all’ultimo incidente sul lavoro, i cinque morti in provincia di Palermo).

2) Scegliere la strada della legge in un periodo in cui al potere c’è la destra – che certamente si opporrà a queste proposte – o ha un significato di propaganda e di agitazione oppure significa andare incontro a un insuccesso del quale bisognerà rendere conto ai lavoratori.

3) Non è chiaro perché per affrontare i problemi del lavoro si preferisca rivolgersi al governo invece che agli imprenditori. La controparte naturale del sindacato sono gli imprenditori e con loro andrebbero affrontati i problemi prima di rivolgersi alle leggi e al governo. Invece è da tempo che – sbagliando – il sindacato si rivolge al governo lasciando indisturbati gli imprenditori. Ma la frattura che si è verificata in tema di infortuni sul lavoro potrebbe essere sanata con qualche valida iniziativa unitaria che dimostrerebbe che i rapporti si possono rinsaldare.
Ora invece ci troviamo ci fronte a un pericolo ben più grave: i quattro referendum sul lavoro avanzati dalla Cgil, a proposito del Jobs Act. Sono dei referendum che guardano al passato piuttosto che al presente e al futuro, ai problemi di ieri e non a quelli di oggi: due sono sui licenziamenti, ma in realtà in questi anni non ci sono stati casi significativi o una diffusione di licenziamenti ingiustificati. Sembra dunque una battaglia di bandiera: non per nulla si chiamano referendum contro ilJobs Act, che molti lo vedono come un fatto puramente negativo, senza alcuna valutazione di merito. Un terzo referendum è sui contratti a termine. Ma si sono accorti i proponenti che ormai le assunzioni sono prevalentemente con contratti a tempo indeterminato, mentre si assiste a un continuo calo di quelli a termine? Il motivo è semplice: le aziende hanno bisogno di lavoratori e quando li trovano che vanno bene tendono a tenerseli stretti, perché è mutato il mercato di lavoro.

E nei tempi attuali chi rimane in un’azienda per tutta la vita, come succedeva una volta? Per migliorare si cambia lavoro anche di frequente (la cosiddetta “ great resignation”); dunque c’è un’alta mobilità e gli imprenditori hanno spesso interesse a frenarla. Il quarto e ultimo referendum riguarda i lavori in subappalto: è l’unico che ha qualche ragione a suo favore perché in proposito si è fatto veramente poco. Però il referendum ha un limite: pone il problema, ma non basta un sì o un no per risolverlo, occorre una legislazione specifica e accurata (basterebbe ricordare che il Testo Unico sugli appalti è composto da centinaia di articoli, per dire quanto la materia sia complessa). Al di là del merito dei singoli referendum, il problema più serio però è un altro: cosa succederà con il voto? Quello che si può ipotizzare è una spaccatura verticale non solo a livello sindacale, ma anche a livello del paese (i referendum naturalmente sono votati da tutti i cittadini). Se si vogliono ripristinare buoni rapporti tra le organizzazioni e anche avere un sindacato che porti un contributo rilevante all’evoluzione dei lavoratori e del Paese, è assolutamente necessario ritornare sulla via maestra del confronto difficile ma decisivo fra le parti.

In questa prospettiva tutte tre le confederazioni dovrebbero muoversi , perché i rischi di uno scontro sono ben presenti e tutto ciò che serve a evitarlo costituisce indubbiamente un contributo importante per rafforzare la “ voce dei lavoratori”.