Moltissime città italiane sono dei palinsesti, e Reggio Emilia è fra queste. Spesso, tuttavia, chi non lo sa o non ci fa caso sono i residenti che l’abitano senza porsi domande sulla storia degli edifici sacri o laici che caratterizzano la propria città. A questa non conoscenza, dettata per lo più dalla familiarità all’ambiente cittadino, si può porre rimedio sfogliando “Quattro passi per Reggio” (Corsiero editore) dello storico dell’arte reggiano Massimo Mussini.
Pagina dopo pagina anche Reggio Emilia si rivelerà nei suoi substrati architettonici secolari – ma anche urbanistici, ad esempio: perché il centro storico di Reggio è a forma di esagono? La risposta c’è… – trasformandoci in “turisti autoctoni”.
Il merito va all’autore, e alla leggerezza della sua scrittura che con semplicità divulgativa ci guida scientemente attraverso i secoli, e agli scatti del Fotogruppo 60 b.f.i. RE, che corredano l’elegante volume.
Entriamo con Mussini nei palazzi, nelle chiese e nelle basiliche apprezzandone criticamente la struttura, le decorazioni, i quadri, gli affreschi, le statue e gli arredi. E le loro mutazioni nel tempo. Sapremo anche che i duchi d’Este, come Napoleone, non si fecero scrupoli a prelevare opere d’arte dalla chiese reggiane per arricchire le proprie collezioni private.
Veniamo a conoscenza, così, del passaggio dell’arte, soprattutto pittorica, della preriforma protestante all’epoca successiva quella della controriforma – imposta dal Concilio di Trento – avvenuto dopo la seconda metà del Cinquecento.
«Il Concilio di Trento, terminato nel 1563 – scrive l’autore – aveva riaffermato il valore educativo dell’arte religiosa, in contrasto con la sua negazione da parte del Protestantesimo». Per la Chiesa cattolica la funzione educativa «delle parole e delle immagini si integravano vicendevolmente: la prima era appannaggio del clero adeguatamente preparato nei seminari, mentre la seconda era affidata ai laici». Esempi ne troviamo in molte chiese reggiane, ma qui ci limitiamo a citare le basiliche di san Prospero e della Ghiara.
Fra i numerosi luoghi di interesse che Mussini ci descrive, vorrei soffermarmi su due luoghi in particolare, quelli che mi hanno sempre incuriosito: le chiese di san Domenico e dei ss. Girolamoe Vitale, che raramente troviamo aperte al pubblico.
Guardare la chiesa di san Domenico, che si trova nella piazza omonima, scrive Mussini: «è un esercizio di lettura che richiede tempo e attenzione ma riserva anche il piacere della scoperta…». Stratificazioni secolari che vanno dai primi secoli del millennio al Settecento. (video)
Da rilevare che lo stabile a sinistra della chiesa, appartenente una volta al convento domenicano (gli ex Stalloni per intenderci), era sede del tribunale dell’Inquisizione, «lì attivo dal 1509 al 1780».
Se ci spostiamo a sud della via Emilia «c’è a Reggio un’altra architettura quella di Gaspare Vigarani»: la chiesa di san Girolamo (e san Vitale), che sorge nella via che porta lo stesso nome. Qui si scopre «un mondo inaspettato: perché della sintesi di un universo composito effettivamente si tratta … Mi accorsi che essa intendeva rappresentare in unità la chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, meta di pellegrinaggi fin dall’Alto medioevo, il pretorio romano della medesima città con la scala salita da Gesù per comparire davanti a Ponzio Pilato (secondo la tradizione fatta trasportare a Roma nel 326 da sant’Elena madre dell’imperatore Costantino) e l’edificio romano del Pantheon, trasformato in chiesa cristiana dedicata a Santa Maria ad Martyres nel 608, in seguito alla traslazione di reliquie di martiri».
Vogliamo, infine, spezzare una lancia a favore dell’arte moderna. A porta Santo Stefano c’è una scultura metallica di Marco Gerra: «Un oggetto – scrive Mussini – che ha destato scalpore… rivelando che la conoscenza dell’arte contemporanea è praticamente assente nella maggioranza dei reggiani».
Chiudo con un appunto: peccato che non ci sia l’indice dei nomi, uno strumento molto utile per i lettori.
(Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia).
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sarà anche tutto vero però per l'Emilia Romagna o per reggio basta e avanza, tra lamentele e musi lunghi ma i voti di massa vanno
Un'affluenza tra il 35 e il 40 % dovrebbe fotografare la fiducia attuale della cittadinanza nelle istituzioni... Se si votasse per le europee ora riusciremmo ad