Una battuta da parte di un avvocato (“Credo che sia un modo che va molto in voga dalle zone della dottoressa X diagnosticare malattie senza diagnosi”, riferito al certificato medico prodotto da una psicologa dell’accusa, che così ha potuto non presentarsi in aula come testimone), una brusca reazione del pm Valentina Salvi, che ha chiesto il verbale di udienza per procedere contro il legale per aver offeso la reputazione della testimone. E’ successo il 10 giorno scorso, durante l’ennesima udienza di un processo già di per sé carico di tensione (quello cosiddetto “Angeli e demoni” sugli affidi in Val d’Enza), ed ha provocato un nuovo acceso scontro tra accusa e difesa.
Dapprima si è mosso il consiglio direttivo della Camera penale di Reggio Emilia, che in una nota firmata dal presidente Luigi Scarcella, è intervenuta a difesa dell’avvocato Luca Bauccio, difensore della psicoterapeuta Nadia Bolognini, che ha parlato di intimidazione da parte della pm, perché il reato di diffamazione è procedibile a querela e «pertanto la richiesta del pm era un atto intimidatorio nei suoi confronti, tanto da configurare il delitto di violenza privata», scrive la Camera Penale, eprimendo poi «piena solidarietà al collega difensore Luca Bauccio, così come a tutti i difensori che dovessero in futuro subire simili pressioni».
La Camera penale di Reggio, prosegue la nota, «stigmatizza ogni compressione del diritto di difesa e ogni interferenza impropria nell’esercizio della funzione difensiva, che dev’essere garantita e protetta a salvaguardia dello Stato di diritto; afferma che comportamenti di questo genere non ci impediranno di svolgere la funzione difensiva come la legge consente, non ci faranno deflettere dall’esercitare la difesa dei nostri assistiti nel modo migliore, più professionale e corretto possibile. Anzi, ci imporranno di essere vieppiù migliori e saldi nei nostri diritti e nel loro esercizio».
Immediata, altrettanto secca, la replica della giunta esecutiva sezionale dell’Emilia-Romagna dell’Associazione nazionale magistrati: «I processi si fanno in tribunale, tra parti davanti al giudice – affermano l’Anm -. È davvero inusitata la decisione delle Camere penali di Reggio Emilia di intervenire, a processo in corso, su un fatto del processo e sulla dialettica che necessariamente lo percorre. Del tutto incomprensibile e del tutto irrituale, soprattutto dopo avere stigmatizzato i danni derivanti dalla mediaticità del processo. Non è accettabile che dall’esterno si cerchi di trasformare il dibattimento in un processo al pubblico ministero, Valentina Salvi, con un comunicato che la elegge a bersaglio. Interveniamo esclusivamente per chiedere rispetto per il processo e per la corretta e serena dialettica processuale che sola potrà consentire l’accertamento dei fatti e il giusto processo».
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