Prima guerra e sinistra interventista

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La Prima Guerra Mondiale registrò la ferma opposizione del Psi, che fedele alla sua natura pacifista e antimilitarista, sostenne la necessità che l’Italia proclamasse la propria neutralità. Il gruppo parlamentare si fece interprete di tale convincimento alla Camera dei deputati e il partito attivò tutte le sue strutture e tutti i suoi dirigenti perché il popolo prendesse coscienza del grave pericolo che, con la possibile entrata in guerra dell’Italia, si stava prospettando per tutti gli italiani.

Il tradizionale pacifismo socialista subì però un durissimo colpo dal repentino dissolversi della fraternità proletaria rappresentata dall’Internazionale. La decisione dei partiti socialisti europei, specie quello tedesco e francese di sostenere lo sforzo bellico delle rispettive nazioni, posero di fatto fine alla Seconda Internazionale.
Anche per questo motivo una parte dei socialisti italiani non condivise l’intransigente posizione pacifista del Psi e scelse d’appoggiare l’intervento.

Come loro si espressero anche i sindacalisti rivoluzionari, parte degli anarchici, dei repubblicani e dei radicali, oltre ai seguaci di Bissolati. Inevitabile fu pertanto la convergenza con i futuristi di Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni. Tutti comunque ebbero come denominatore comune l’antigiolittismo.

Per tutti costoro la guerra sarebbe servita ad abbattere la monarchia, a proclamare la repubblica, a portare a compimento il risorgimento, a superare il sistema capitalistico, ad abbattere gli Imperi Centrali.

Il principale centro interventista fu Milano, con Mussolini indiscusso protagonista. Questi, dopo aver dichiarato inizialmente la sua contrarietà alla guerra, uscì dal partito quando la direzione del PSI del 19-20 ottobre 1914 bocciò il suo ordine del giorno. Egli propose, infatti, di spostare il partito da una neutralità assoluta a una “neutralità attiva e operante”, tesa a favorire la fine della guerra e la vittoria contro gli Austro-Ungarici.
Mussolini si convinse che la posizione neutralista del PSI avrebbe ghettizzato il movimento in una posizione subalterna. Solo una vittoriosa guerra avrebbe portato alla sconfitta dello stato liberale e favorito la rivoluzione e il trionfo del socialismo.
Il 31 ottobre 1914 anche Antonio Gramsci prese posizione sul settimanale socialista torinese Il Grido del Popolo, sostenendo argomentazioni molto vicine a quelle di Mussolini, che provocheranno una profonda spaccatura nel partito e nell’organizzazione giovanile socialista, specie torinese.

L’espulsione di Mussolini dal partito socialista, nel novembre 1914, segnò il momento di rottura definitiva tra l’opposizione socialista e l’eterogeneo blocco delle varie correnti di sinistra favorevoli all’intervento. Anche il giovane Palmiro Togliatti fu tanto convinto dal desiderio d’accelerare il processo rivoluzionario da arruolarsi volontario negli alpini.
L’interventismo democratico comprese Leonida Bissolati e Carlo Rosselli propugnatori di un’alleanza democratica tra l’Italia e tutti gli oppressi dall’impero Austro-Ungarico per la liberazione reciproca. Il filone dell’irredentismo, sostenuto anche da Salvemini, ottenne la massima attenzione con il sacrificio del socialista Cesare Battisti.

Il repubblicano Pietro Nenni, poi leader socialista, confesserà in seguito nelle sue memorie: “Fui d’accordo con Mussolini nella battaglia interventista, anche mosso da premesse diverse: per me di formazione popolaresca, garibaldina e mazziniana, quella era l’ultima guerra del Risorgimento, per completare l’unità d’Italia. Per Mussolini era invece una guerra rivoluzionaria e un’operazione di politica interna per il potere”.

Espulso dal partito nella riunione della direzione del 29 novembre, Mussolini prese contatto con gli esponenti dell’interventismo democratico e rivoluzionario milanese e in particolare con gli esponenti del Fascio rivoluzionario d’azione interventista, guidato da Angelo Oliviero Olivetti, per dar vita ad un giornale che speronasse la causa interventista tra i lavoratori.
Il Popolo d’Italia nacque con i fondi di Filippo Naldi, direttore del Resto del Carlino e il contributo decisivo di Edison, Fiat, Ansaldo e fondi del Ministero degli Esteri, guidato da Sonnino. Molte ipotesi portarono anche a sospettare la provenienza di cospicue somme provenienti da ambienti francesi legati alla massoneria.

Nel gennaio del 1915 Filippo Corridoni e Mussolini fondarono i Fasci d’Azione Rivoluzionaria, venendo poi chiamati alle armi. Corridoni morirà sul Carso, mentre Mussolini tornato a Milano cambiò il sottotitolo del suo giornale da “Quotidiano socialista” in “Quotidiano dei combattenti e dei produttori”.

A complicare la situazione in casa anarco-sindacalista ci fu anche il manifesto di sedici patriarchi del sovversivismo internazionale, da Cipriani a Kropotkin, che incitò a intervenire al fianco della Francia repubblicana, aggredita dal militarismo austro-prussiano. A questa posizione aderirono al completo lo stato maggiore del sindacalismo rivoluzionario guidati da Alceste de Ambris e Filippo Corridoni, mentre la maggioranza dell’Unione Sindacale Italiana, forte di oltre centomila iscritti, si espresse contro la guerra, votando un ordine del giorno presentato dall’anarchico Armando Borghi.

Sul fronte neutralista in alcune organizzazioni periferiche, politiche e sindacali vennero ventilati scioperi generali, vennero anche promosse combattive dimostrazioni di piazza, ma furono spesso manifestazioni episodiche, slegate tra loro. Il gruppo dirigente socialista, comunque, si presentò unito nel respingere la tentazione dell’azione diretta.
Essi preferirono i tradizionali metodi della pacifica mobilitazione della opinione pubblica, che finì per assomigliare più a una campagna elettorale che a un’azione energica e decisa. La stragrande maggioranza del PSI seguirono le scelte di Turati, Prampolini, Treves e si prodigarono molto nell’alleviare le sofferenze del popolo, preservando l’organizzazione del partito, del sindacato e della cooperazione per essere pronti a riprendere l’attività politica una volta terminata la guerra.