Tricolore. Le solite malelingue dicono che il premier Paolo Gentiloni, alla ricerca di mani da stringere nel percorso tra il municipio e il teatro Ariosto, in mancanza d’altro abbia stretto la mano della statua di Marco Emilio Lepido collocata in piazza del Monte.
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Elezioni. Liberi e Uguali candiderà Pierluigi Bersani nel maggioritario a Bologna. Pd indeciso sul candidato da contrapporre all’ex segretario: probabilmente Andrea De Maria, ex bersaniano.
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Forte degli ottimi risultati nel turismo culturale in Italia, il ministro uscente Dario Franceschini ha chiesto di essere candidato nella sua Ferrara, pure nel maggioritario.
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Lo sanno in pochi, ma nel partito guidato da Grasso-Bersani-D’Alema milita anche il figlio di Bettino Craxi, Bobo. Probabile una sua candidatura nel plurinominale in zona Mantova-Cremona.
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Per Graziano Delrio, ministro alle infrastrutture ed ex sindaco di Reggio, si profila una candidatura nel maggioritario a Trento. A Trento? Pare proprio di sì. In zona montana (Bocenago) il ministro uscente è solito trascorrere una parte delle ferie estive con la famiglia.
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GDR, comunque, sarà verosimilmente candidato anche nel plurinominale a Reggio-Correggio o nel collegio che unisce il resto della provincia reggiana (Bassa e Appennino).
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Se non Graziano OMG, chi sarà allora il candidato o la candidata dem nel maggioritario? La legge, com’è noto, prevede un rapporto 60-40 in ogni lista per l’uno o l’altro genere.
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Ricandidate certamente Vanna Iori (renziana, probabile candidata al Senato) e Antonella Incerti (orlandiana). Tra i maschietti, ci riproverà senz’altro Paolo Gandolfi.
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La vera notizia di oggi è il sì di Andrea Rossi, sottosegretario in Regione ed ex sindaco di Casalgrande: è spendibile sia nell’uninominale Reggio 2, sia nel plurinominale.
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Un’altra donna tenuta in alta considerazione in area Orlando è Roberta Mori, consigliera in Regione, di fatto leader della corrente in Emilia-Romagna. Se Orlando la indicasse “in quota” per la nostra Regione, un posto le sarebbe trovato.
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Qualora Rossi approdasse in Parlamento, dopo il 4 marzo si porrebbe il problema della casella reggiana da riempire in Regione. Non che Stefano Bonaccini muoia dalla voglia di mettere mano alla giunta, e tuttavia una provincia dove il Pd (almeno sinora) è sempre stato al top difficilmente potrebbe rimanerne escluso.
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Qui gli scenari potenziali sarebbero due: balzo della Mori, che potrebbe ottenere una delega e diventare assessora ai piani alti di viale Aldo Moro, oppure, con la Mori a Roma, spazio a Giammaria Manghi, presidente della Provincia e sindaco di Poviglio, che da anni tira la carretta con molto lavoro e magre soddisfazioni. Sostituire Manghi alla guida della Provincia (che non è stata abolita, come aveva provato a fare il già citato GDR, bensì al contrario è ora piena di soldi per sistemare le scuole) non sarebbe un problema: un sindaco renziano o postrenziano come Alessio Mammi o Andrea Tagliavini andrebbe benissimo.
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Dicesi “postrenziano” poiché non è scontato che la mattina del 5 marzo il segretario si ritrovi attorniato di amici, come invece sta accadendo in queste ore in cui tutti gli stanno addosso per strappare un via libera alla candidatura.
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L’ex ragazzo di Rignano sull’Arno si gioca una partita decisiva per la propria sopravvivenza nell’attuale fase politica italiana e molti stanno scommettendo contro di lui, o comunque a favore di una sonora sconfitta del Pd destinata a portare Renzi alle dimissioni e, forse, verso nuovi approdi.
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Anche in Emilia non sono pochi gli “amici” pronti a scaricare un’eventuale batosta sugli errori del fu Rottamatore. Nel caso, tenetevi pronti al classico effetto 25 luglio: “Renziano io? Mai stato” e bellurie del genere.
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Tra i discreti fautori dell’ipertatticismo si annovera certamente il prudentissimo sindaco Prudencio, altrimenti detto Vecchi Luca, il quale – per non sbagliarsi – da tempo si è messo a fare il filo a Paolo Gentiloni e a scrollarsi di dosso ogni vago sospetto di intelligenza con il renzismo.
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Prudencio è già in campagna elettorale, quella del 2019, e vuole farsi trovare nella posizione migliore per un secondo mandato senza ombre. Anche se qualche problemino politico toccherà a lui e all’intero Pd (posto che nel 2019 il Pd sia ancora il partito che conosciamo oggi).
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Sì, perché nel generale paraculismo che caratterizza la nuova generazione di amministratori (leggasi paraculismo nell’accezione del credere molto in ciò che giova a sé stessi, e non ad altro) la politica sembra quasi del tutto scomparsa. Cosicché la scissione di Bersani, D’Alema e compagnia bella, che a Reggio è ben rappresentata in giunta con un vicesindaco (Sassi) e un assessore (Tutino Puledrino), ma che con ogni probabilità riconsegnerà il governo a Berlusconi, alla Lega e ai Fratelli d’Italia, viene considerata alla stregua di un dettaglio, un generico passo di lato nelle magnifiche sorti e progressive della sinistra denghista emiliana.
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Va riconosciuto a Bersani, D’Alema and co. di non essersi nascosti dietro il velo dell’ipocrisia mandando a picco anni e anni di retorica sulla “Ditta” e l’unità del centrosinistra: la storia della sinistra è colma di scissioni, ma ve ne sono alcune che producono effetti più devastanti di altre. Nel caso in oggetto, l’addensamento non sembra lieve.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]