Un anno e mezzo, un tour (il Fake News) e un milione di biglietti venduti. Hanno chiuso la prima parte di una stagione da record all’Rcf Arena di Reggio nel settembre del 2023 (proseguita nel 2024 indoor nei palasport italiani) e sempre qui apriranno quella del 2025 il prossimo 7 giugno.
“Si può vivere dei propri sogni, come abbiamo fatto noi. Questo è il modello che vogliamo raccontare”.
I Pinguini Tattici Nucleari sono inarrestabili: “Hello World”, il loro ultimo album, uscito il 6 dicembre 2024, ha esordito ai vertici di tutte le classifiche – anticipato dai singoli “Romantico Ma Muori” e “Islanda” – e ha ottenuto la certificazione “platino” in meno di un mese, andando ad aggiungere un nuovo grande traguardo alla band, che vanta un totale di 79 dischi di platino e 11 dischi d’oro raccolti in poco meno di quattro anni.
Abbiamo incontrato Riccardo Zanotti, volto e voce dei Pinguini Tattici Nucleari, ed Elio Biffi, l’inseparabile tastierista, che hanno fatto insieme a noi un piccolo bilancio, in vista anche dell’uscita prevista per venerdì 11 aprile del nuovo singolo in featuring con Max Pezzali: “Bottiglie Vuote”, già contenuto in “Hello World” e questa volta presentato in una versione inedita capace di unire due mondi artistici che sono stati in grado di raccontare negli anni – ognuno a modo proprio – i sogni, la provincia e l’amore, con quella genuinità trascinante del pop che arriva dritta al cuore e che ha reso appunto entrambi (in tempi e modi diversi) tra gli artisti più amati del panorama italiano.
“Veniamo da Orio al Serio, che pur essendo Bergamo, è catalogato come altro aeroporto milanese: l’estetica della provincia non ci è aliena, capiamo molto bene quanto sia importante rispettarla”.
Che effetto fa, ragazzi, chiudere il cartellone di eventi in programma in un luogo come l’Rcf Arena nel 2023 e tornarci per riaprirlo nel 2025?
È proprio bello vedere il ciclo che va avanti e riparte dallo stesso luogo, soprattutto per uno dei pochi posti che è “il luogo” per antonomasia dei concerti massivi in Italia; sia per come è fatto, che per come suona. Perché è disegnato apposta per quello: esteticamente è probabilmente la venue più prestigiosa e più bella del Paese, mentre dal punto di vista tecnico è uno dei luoghi più suggestivi dove suonare, proprio per questa conformazione che rende appetibile il suono ovunque sia distribuito il pubblico e anche quando ci sono più di 100.000 persone.
Noi suonammo davanti a 80.000 persone e fu il record per una band italiana: qualcosa di incredibile (che ogni tanto Wikipedia ci ricorda), soprattutto ripensando da dove siamo partiti. L’emozione è gigantesca e non è un modo di dire, è un posto che ci ha dato tanto e ritornare, ripartire da qui, è fantastico.
Avere un grande spazio è un privilegio, come anche avere chi lo riempie…
L’economia dei concerti, per l’indotto che genera sul territorio, è affascinante, è un valore aggiunto gigantesco. Se pensiamo (e assolutamente senza paragonarci) a quella che chiamano la “Swift Economy” e al fatto che un’artista come lei sia riuscita a incidere sull’economia dei Paesi che sono stati toccati dai propri concerti, la dice lunga su quanto l’intrattenimento abbia un peso sempre più preponderante sull’economia globale. Nel nostro piccolo, ci fa piacere poter pensare che si aiuti l’economia del posto. Le volte che è successo nella nostra Bergamo, ad esempio, abbiamo visto da fuori dei cambi di rotta incredibili.
Grandi spazi è a volte anche sinonimo di grandi messaggi da “lanciare”: il vostro?
Un artista, una band, ha sempre una responsabilità pazzesca nei confronti del pubblico, perché qualunque cosa tu dica o non dica sul palco ha un peso; e anche i silenzi a volte sono assordanti. Noi ci siamo sempre esposti, rispetto a quanto crediamo giusto o ingiusto, esprimendoci riguardo a temi che credevamo affini alla nostra identità, pur essendo il nostro pubblico eterogeneo, non certo fatto tutto di trentenni. Ci vuole sensibilità.
La dimensione di rito collettivo che riesce a generare un evento di questa portata – che peraltro è una di quelle cose che nella società contemporanea diventa sempre più rara – è invece l’esperienza che va valorizzata: per noi è molto importante che il nostro pubblico ritrovi una dimensione collettiva, che si identifichi in quello che sta succedendo sul palco e comunichi con questo palco, costruendo una grande bolla di umanità. La nostra idea di concerto è proprio questa: viverlo come una grande comunità; raccontando una normalità, raccontando di essere esattamente come quelli che sono sotto al palco. Vanno bene il talento, la fortuna, l’impegno, ma si può vivere dei propri sogni proprio come abbiamo fatto noi. Questo è il modello che vogliamo raccontare. Vogliamo che la gente non guardi solo noi sul palco, ma si guardi attorno e si riscopra parte di qualcosa di più grande.
Il pubblico è da sempre il settimo elemento della vostra band. Quanto conta il plusvalore dello spazio aperto e, in parte, defilato dal centro città? Ripenso alle centinaia di palloni colorati che avete lanciato sulla vostra “comunità”, per l’appunto, e che nei palazzetti non avrebbero reso allo stesso modo…
In un luogo così puoi costruire una quantità di dettagli impagabili. Il gioco di fuochi d’artificio a tempo con la musica studiati appositamente da un sound designer ci hanno lasciato senza parole: ogni tanto mi vado a rivedere il video di quei fuochi perché è un’emozione unica. Quando scrivi una pennata di chitarra, non ci pensi mai che, poi, possa esserci un fuoco d’artificio che vada a tempo con quell’accordo che hai scritto nella tua stanza. In qualche modo, in quel momento, tutto si sacralizza.
Per i Pinguini, ad esempio, la musica è sempre centrale; l’immagine di per sé conta meno, non è così importante, ma cerchiamo di concepire qualcosa che vada oltre e che rimanga nel tempo. Da sempre, da quando abbiamo concerti con un certo budget, cerchiamo di costruire una relazione orizzontale con il pubblico: il pallone è proprio questo, perché ti arriva fisicamente addosso; sono le nostre emozioni e le emozioni del pubblico che deflagrano. Attiva chi guarda, che diventa parte integrante della festa, del rito, della gioia. Creare qualcosa che sta attorno è fondamentale. Ricordo ancora l’odore della macchina del fumo del primo concerto che sono andato a vedere, di una tribute band dei Queen nel bergamasco.
Perché Max Pezzali, per il featuring che uscirà questo venerdì?
Nel 2018 eravamo a suonare nel pavese e il nipote di Max Pezzali, a sua insaputa, ci invitò a mangiare una pizza a casa loro. Scoprimmo una persona eccezionale, con una cultura e una curiosità sconfinate e con la voglia di rimanere “sempre sul pezzo” coi tempi; e in questa ottica ci ha incrociato, rapito. Ci ha dato stima fin da subito, soprattutto all’epoca, quando non avevamo questa identità nazionale e ha continuato a darci supporto negli anni.
È un uomo che legge, si informa; con lui cominci parlando di musica e finisci parlando di geopolitica. Prima d’ora non c’è mai stata l’opportunità di fare qualcosa insieme, ma alla fine l’occasione è arrivata e lui è stato felicissimo di collaborare a questo pezzo, che in qualche modo coniuga i nostri due mondi.
“Bottiglie vuote” l’avete scelta voi, o lui? E perché proprio questa tra tutte?
Dal 2018 a questa parte ci ha sempre scritto il suo resoconto ogni volta che usciva una release; ci ha dato il suo parere. Naturalmente, non tutti i suoi pezzi si adattano a noi e viceversa. Non è stata la prima volta che abbiamo pensato di lavorare insieme, ma questa volta ci è sembrata quella giusta: può far ridere parlare di poetica nel pop, ma le due poetiche, le due dialettiche, il nostro immaginario e il suo sembravano intersecarsi perfettamente. E questo su due livelli, di contenuto e di musica.
È una canzone che parla di libertà ma anche di fatica, di crescita – che sono temi anche molto suoi – e che si sposa anche dal puto di vista dell’estetica musicale: con un ritornello molto chiaro, una melodia che cerca di entrare facilmente in testa, la cassa in quattro… e quindi c’è sembrato il momento ideale per dare vita a quel progetto che rincorrevamo da un po’ e il modo migliore per concretizzare questo featuring.
Consiglio a chi di dovere di informarsi sui cartelloni di svariati festival rock, metal, indie, elettronica…che ci sono quest’estate in giro per l’Europa…e poi mestamente vergognarsi per la miseria di cio’ che si propone all’RCF Arena…Mi ero illuso che coi grossi nomi internazionali passati lo scorso anno avessimo fatto il salto di qualita’….rimaniamo i piu’ grandi provinciali.