Il ministero della Giustizia è stato escluso come responsabile civile nell’ambito del processo che vede imputati dieci agenti della polizia penitenziaria per l’accusa di tortura e lesioni nei confronti di un 40enne detenuto tunisino nel carcere di Reggio Emilia nell’aprile 2023. La decisione – alla quale si sono opposti Procura, difese e parti civili – è stata presa dal gup Luca Ramponi durante l’udienza preliminare, basata sulla mancata partecipazione del ministero agli accertamenti tecnici irripetibili sui cellulari dei poliziotti.
I dieci agenti di custodia indagati hanno invece presentato la possibilità di un’offerta risarcitoria, «che non può essere vista come un’ammissione dei fatti, perché così non è», hanno sottolineato i loro avvocati Il 14 giugno il giudice scioglierà la riserva sulle richieste di rito abbreviato.
I fatti risalgono al 3 aprile 2023 ed erano stati registrati dalle telecamere di sorveglianza del carcere di Reggio Emilia, mostrando un gruppo di agenti del carcere incappucciare, trascinare lungo il corridoio, picchiare e prendere a calci l’uomo.
Nel corso della precedente udienza, erano state ammesse le parti civili, cinque in tutto: oltre alla vittima, il garante nazionale e il garante regionale per i detenuti e due associazioni che tutelano i carcerati.
In occasione dell’udienza questa mattina, davanti al Tribunale, si è tenuto un presidio organizzato da Volt Emilia-Romagna, sezione territoriale del movimento politico paneuropeo Volt Europa. “L’iniziativa ha l’obiettivo di tenere alta l’attenzione sul tema della tortura – ha spiega Silvia Panini, candidata alle elezioni europee per Volt Italia nella circoscrizione Nord-orientale, lista del Partito Democratico, e tra le promotrici dell’azione – Codice Penale e Convenzione ONU contro la tortura prevedono di perseguire chi “agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza”.
Prosegue Alessia Busani, attivista di Volt Reggio-Emilia: “I video pubblicati avrebbero dovuto far riflettere, addirittura
accendere i riflettori, sull’assenza di tutela dei diritti delle persone ristrette nelle carceri italiane. Invece, non solo l’attenzione mediatica sulla vicenda è stata insufficiente, ma il Comune di Reggio Emilia non si è nemmeno costituito
parte civile al processo, mentre l’assessore con delega alla Legalità, l’avvocato Nicola Tria, presenzia ora come difensore di uno degli agenti indagati per tortura e lesioni personali. Come Volt Emilia Romagna, abbiamo sollevato dubbi sulla linea seguita dalla giunta Vecchi sulla questione, esplicitandoli in una lettera indirizzata al Sindaco firmata da più di 100
cittadini e cittadine. Attendiamo risposta dal sindaco”.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]