L’istinto giustizialista è un veleno sottile. Si genera dinanzi a vicende all’apparenza indiscutibili, di valore tanto grave da scatenare in noi il desiderio di giustizia immediata e di vendetta. Parte da bisogno etico primitivo e si anima delle migliori intenzioni: desideriamo che la verità trionfi e che ciò che è stato negato alla nostra coscienza venga risarcito con adeguate sanzioni.
Prendiamo Colleferro. Il racconto dell’assassinio del povero Willy ha sviluppato comprensibili reazioni di sdegno e di condanna. Le indagini sono in corso e non si annunciano brevi, stante le posizioni degli imputati in conflitto tra loro, ma la versione dei fatti divulgata dai media non lascia spazio a dubbi.
Chi ha ucciso non appartiene al genere umano, gli imputati sono colpevoli a prescindere stante le proprie abitudini poco commendevoli: violenti, prepotenti, spacciatori di droga, praticanti di arti marziali, prigionieri di modelli esistenziali disgustosi, ovviamente fascisti, razzisti e persecutori di immigrati. C’è altro da aggiungere per invocare una condanna esemplare? Meglio ancora, suggerisce il virus giustizialista che è in noi, se la condanna viene praticata subito, senza processi, senza analisi particolari. Qualcuno certamente si adopererebbe ad un linciaggio.
È qui, nel rimpianto per la vita perduta di un ragazzo senza macchie, il cui radioso sorriso postato migliaia di volte si è fatto simbolo del Bene calpestato, che si gioca la partita tra giustizialismo e civiltà, tra istinto di vendetta e garanzie fondamentali.
Non è facile accettare la sfida delle garanzie quando ci si trova di fronte a delitti tanto efferati. Eppure, come detto, la sfida è tutta qui. Cosa sia veramente accaduto e quali siano le responsabilità penali nella vicenda tragica di Colleferro dovrà essere analizzato in un processo e deliberato da una sentenza.
I quattro balordi protagonisti dell’omicidio, per quanto orribili ci sembrino in quelle foto da cultori del corpo maschio e aggressivo, ricoperto di tatuaggi, aggregati in segno di squadra punitiva, sono esseri umani e godono a pieno titolo dei diritti civili assicurati a ciascuno di noi. Se ritenuti colpevoli, saranno condannati e sconteranno le pene previste. Ma anch’essi hanno diritto a un processo equo, estraneo all’emotività popolare, con tutte le garanzie annesse.
Un altro aspetto merita di essere sottolineato. Riguarda l’affidabilità delle fonti da cui vengono elaborate le notizie. La gran parte di noi tende ad avere fiducia, come è ovvio che sia, nei media che più apprezza e che considera affidabili. Molti invece non selezionano le informazioni, spesso non possiedono neppure gli strumenti per farlo, e si limitano a prendere per buono tutto ciò che viene loro propinato. Internet e i social media sono un formidabile acceleratore nella diffusione delle fake news.
È faticoso selezionare le informazioni in base alle fonti da cui provengono, ma è il solo metodo per distillare qualche barlume di verità nel vasto mare della superficialità e delle imprecisioni. Vale anche per Colleferro, per la situazione in Bielorussia, per l’aggressione a Salvini e così via. È un metodo che richiede lucidità e serenità d’animo. Nel distinguere il vero dal falso, la fretta è sempre cattiva consigliera.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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