Bar e pizzerie a cavallo del Ferragosto

bar cornetto cappuccino

Ci sono grandi inviati di grandi quotidiani nazionali che, per raccontare il nostro Paese, passano la giornata in un Autogrill. Noi, che non siamo né l’uno né l’altro ma collaboriamo con un valoroso sito d’informazione, abbiamo più modestamente visitato un bar e una pizzeria della nostra città a cavallo del Ferragosto: questo è il nostro resoconto.

Il bar: è collocato nel cuore del centro storico e fa parte di una catena nazionale. L’interno è spazioso e la distesa estiva ne allarga i confini.
Il bancone mette in bella mostra una ricca proposta di dolce e salato con un buon equilibrio calorico.
Studenti coi pc aperti a prendere appunti e a parlare sottovoce.
Niente a che fare, ovviamente, con le “piole”, le vecchie osterie reggiane dove – con un bianchino e un mazzo di carte da briscola – gli anziani tiravano fino all’ora di cena e alle elezioni votavano Pci.
Il gestore, a occhio, non arriva ai trent’anni: smilzo e biondino, tra un orzo in tazza grande e un cappuccino ci dice che i clienti non sono diminuiti ma spendono meno: “Stessa affluenza, scontrino più leggero: una brioche in due”.
Il personale è tutto molto giovane “ma non se ne trova”, si lamenta il biondino: “30 ore la settimana, 1.200 euro al mese netti, contratto regolare e non trovo nessuno: siamo in otto e tra un po’ scenderemo a cinque. Ne servirebbero dieci. Non so più come fare: sono sempre chiuso qui dentro. Altro che smart-working!”.
Le bollette invece arrivano? “Quelle sì, più che raddoppiate. Checcaz…”.
Gli chiediamo se andrà a votare: “Perché ci sono le elezioni? Quando?”.
Appunto.
Avviciniamo un ragazzo seduto a un tavolo: “Domani parto per le vacanze”, ci dice, “e quando torno mi laureo in ingegneria gestionale”.

E poi? “Poi magari farò il cameriere in questo bar o in uno comprato da un cinese.
Almeno il caffè sarà gratis.
Il mio voto? Non ho deciso ancora: vedo una sinistra che sembra aver paura di definirsi tale.
Ho accompagnato mia nonna alla cerimonia dei Martiri del 7 luglio 1960 e il sindaco, nel suo discorso, ha omesso di ricordare che i caduti erano tutti comunisti. Che paura c’è?”.
Già.

La pizzeria: l’insegna evoca paradisi napoletani.
La gestione è familiare: coppia mista nord-sud con le due figlie al servizio ai tavoli.
Il menù è straripante: dalla pizza al fritto misto, passando attraverso le lasagne per arrivare alla cotoletta.
Clientela di ogni tipo: coppie giovani, famiglie, qualche anziano che pranza da solo.
Fingiamo un bisogno non rinviabile e scopriamo una toilette “buia” ma pulita.
L’unica scritta, un foglio formato A4, raccomanda di lasciarla come la si è trovata: pare che funzioni.
Chiediamo alla titolare come vanno gli affari: “Più pizze e meno carne. Più vino sfuso e meno in bottiglia. La gente risparmia”.
E i turisti stranieri? “Come gli italiani. Con qualche secondo di pesce in più”.
E Reggio, quant’è cambiata in questi anni?
“Si vedono tante saracinesche chiuse e vetrine abbandonate.
E non è solo colpa del Covid: è l’anima di questa città che si è trasformata in profondità.
Mi sembra quasi rassegnata.
Gli immigrati? Qui se ne fermano pochi e quei pochi sono di prima generazione.
I loro figli vanno nei kebab, dove continuano a parlare nella loro lingua madre.
Me lo dicono le mie figlie”.
Anche a lei chiediamo se si recherà ai seggi: “Se si potrà votare anche di lunedì senz’altro.
Sa, siamo chiusi per turno”.
Appunto.
Ci azzardiamo a interrompere il pranzo di marito e moglie di mezza età: “Mangiamo fuori un paio di volte al mese. Rispetto a un anno fa abbiamo dimezzato le uscite”, ci racconta lui. “Sono in cassa integrazione a zero ore e dobbiamo stare attenti a tutto. E guardi che le bollette aumentano anche per le famiglie, mica solo per le imprese. Solo che le famiglie non portano i libri in tribunale”.
Problemi di sicurezza? “Da queste parti non direi, ma se camminiamo in altre zone del centro storico basta guardarsi attorno per capire che la miccia è corta. Le ordinanze vanno bene se si è in grado di farle rispettare. Speriamo sia così”.
Li salutiamo mentre ordinano un tiramisù: metà per uno.
Già. (Fra D.)