La quarta riunione di luglio della cabina di regia tra Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Regioni/Province autonome, convocata come di consueto ogni venerdì per fare il punto della situazione sullo stato della pandemia in Italia, ha evidenziato il probabile raggiungimento del primo picco dell’ondata estiva di contagi causata dalle sottovarianti BA.4 e BA.5 della variante omicron del nuovo coronavirus.
Secondo i calcoli del ministero e della Protezione civile, il valore dell’indice di trasmissibilità medio dell’infezione da virus Sars-Cov-2 – calcolato sui casi sintomatici – è sceso a 1,23 (range 1,16 – 1,33), restando comunque ancora al di sopra della cosiddetta “soglia epidemica” (Rt = 1), il valore che separa convenzionalmente una situazione di epidemia in avanzamento (quando Rt è maggiore di 1) da una situazione di epidemia in regressione (quando Rt è inferiore a 1).
In leggera diminuzione anche l’Rt ospedaliero, ovvero l’indice di trasmissibilità calcolato sui casi di pazienti con Covid-19 che necessitano di ricovero ospedaliero, il cui valore è arrivato a quota 1 (range 0,98 – 1,02), sospeso a cavallo della soglia epidemica.
L’incidenza settimanale dei contagi ha fatto registrare un passo indietro: negli ultimi sette giorni presi in considerazione, infatti, il valore dell’indicatore è passato da 1.158 a 977 nuovi casi di positività ogni centomila abitanti. Un valore che rimane in ogni caso per la trentottesima settimana consecutiva al di sopra della soglia di attenzione di cinquanta nuovi casi ogni centomila abitanti, quella che secondo le indicazioni dell’ormai disciolto Comitato tecnico-scientifico consentirebbe – se non fosse oltrepassata – il miglior controllo possibile della circolazione del virus grazie a un efficiente contenimento (identificazione dei casi + tracciamento dei relativi contatti) ma che ormai in Italia – e non solo – sembra quasi un miraggio.
Sono in crescita, tuttavia, i numeri riferiti alla pressione sulle strutture ospedaliere, che rimangono comunque su livelli ancora non preoccupanti: stando alla rilevazione del Ministero della salute, il tasso nazionale di occupazione di posti letto nei reparti di terapia intensiva da parte di pazienti con Covid-19 è salito dal 3,9% del 14 luglio al 4,1% del 21 luglio (in Emilia-Romagna però è al 5%); nello stesso intervallo di tempo è aumentato anche il tasso nazionale di occupazione di posti letto in area medica non critica, passato dal 15,8% del 14 luglio all’attuale 17,1% (in Emilia-Romagna invece è al 19%).
Per quanto riguarda la classificazione del rischio epidemico, secondo l’ultimo monitoraggio tre regioni sono ritenute “a rischio basso”, 14 tra regioni e province autonome sono invece considerate “a rischio moderato” (e cinque di queste sono ritenute ad alta probabilità di progressione verso uno scenario peggiore), mentre le altre tre sono state classificate “a rischio alto” per la presenza di molteplici allerte di resilienza e per non aver raggiunto la soglia minima di qualità dei dati trasmessi all’Istituto superiore di sanità. Sono 12 le regioni e le province autonome che hanno riportato almeno una singola allerta di resilienza, mentre sono quattro quelle che hanno registrato molteplici allerte.
È stabile (all’11%) la percentuale dei nuovi casi di positività rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti, mentre è in leggero aumento (dal 39% al 40,5%) la quota di persone contagiate individuate attraverso la comparsa dei sintomi; in calo, invece, la percentuale (dal 50% al 48%) dei nuovi casi diagnosticati attraverso le attività di screening.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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