La riunione di metà marzo della cabina di regia tra Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Regioni/Province autonome, convocata come di consueto per fare il punto della situazione sullo stato dell’epidemia di nuovo coronavirus in Italia, ha confermato l’inversione di tendenza rispetto alle buone notizie che erano emerse nelle rilevazioni di febbraio.
Il trend dell’incidenza settimanale dei contagi, dopo alcune settimane di discesa costante, sta tornando a salire stabilmente: negli ultimi sette giorni l’indicatore ha fatto registrare un deciso balzo in avanti, passando da 510 a 725 nuovi casi di positività ogni centomila abitanti. Un valore che rimane per la ventesima settimana consecutiva molto al di sopra della soglia di attenzione di cinquanta nuovi casi ogni centomila abitanti, quella che secondo il Comitato tecnico-scientifico consentirebbe – se non fosse oltrepassata – il miglior controllo possibile della circolazione del virus grazie a un efficiente contenimento (identificazione dei casi + tracciamento dei relativi contatti).
Confermata anche la risalita dell’Rt: secondo i numeri del ministero e della Protezione civile, infatti, il valore dell’indice di trasmissibilità medio dell’infezione da virus Sars-Cov-2 – calcolato sui casi sintomatici – è passato da 0,83 a quota 0,94 (range 0,83 – 1,24); un dato che si mantiene ancora al di sotto, seppur ormai di poco, della cosiddetta “soglia epidemica” (Rt = 1), il valore che separa convenzionalmente una situazione di epidemia in avanzamento (quando Rt è maggiore di 1) da una situazione di epidemia in regressione (quando Rt è inferiore a 1).
In aumento anche il cosiddetto “Rt ospedaliero”, ovvero l’indice di trasmissibilità calcolato sui casi di Covid-19 che necessitano di ricovero ospedaliero: un valore cresciuto dallo 0,82 della rilevazione precedente a quota 0,90, ma anch’esso ancora al di sotto della soglia epidemica.
Tra le buone notizie, invece, spicca l’ulteriore calo dei numeri relativi alla pressione sulle strutture ospedaliere: il tasso di occupazione nei reparti di terapia intensiva a livello nazionale è infatti sceso per la nona settimana consecutiva, passando dal 5,5% del 10 marzo al 4,8% del 17 marzo; nello stesso intervallo di tempo, invece, il tasso di occupazione in aree mediche ha fatto registrare una sostanziale stabilità, rimanendo a quota 12,9%.
Per quanto riguarda la classificazione del rischio epidemico, secondo l’ultima rilevazione quattro regioni e province autonome italiane sono ritenute a rischio alto a causa di molteplici allerte di resilienza; quindici regioni e province autonome sono invece valutate a rischio moderato, e due di queste sono considerate ad alta probabilità di progressione verso uno scenario peggiore. Le altre due regioni e province autonome, invece, sono considerate a rischio basso. Ben 17 tra regioni e province autonome hanno riportato almeno una singola allerta di resilienza.
Sul territorio italiano è in diminuzione (dal 17% al 14%) la percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti, mentre è stabile (al 37%) la quota di casi individuati attraverso la comparsa dei sintomi; in aumento, invece, la percentuale dei nuovi casi diagnosticati attraverso le attività di screening (dal 46% al 49%).
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
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