Nei prossimi giorni, a Dio piacendo, sarò in Ucraina; per questo, salterò l’appuntamento di domenica prossima. Vado a visitare gli amici che conosco ormai da trent’anni e con i quali abbiamo fondato una scuola, che insegna anche un po’ di italiano. La città è Zhitomir e si trova nella parte occidentale del Paese: si trova lontano dalla zona del conflitto e non vi sono bombardamenti. Tuttavia, gli ospedali sono pieni di feriti che provengono dal fronte, i profughi sono ventimila e, dopo un anno di guerra, c’è molto sconforto, anche perché non sembrano esserci prospettive. Le macerie delle città distrutte sono orribili, ma sono peggiori quelle che non si vedono, soprattutto quelle dell’odio che ormai divide due popoli che erano fratelli.
I miei amici hanno subito persecuzioni e sono stati in carcere durante l’era sovietica. La loro colpa, era quella di riunirsi per pregare e leggere il Vangelo. Essi appartenevano a diverse confessioni cristiane e il loro desiderio era di promuovere l’unità dei discepoli di Cristo, secondo la sua parola: “Che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,21). Questa guerra, invece, contrappone cristiani a cristiani: essa sembra essere la prova del fallimento del Maestro e dei discepoli.
Per tutto questo, è importante dare dei segni di pace e di affetto. In più, c’è in me il desiderio di mantenere il rapporto con le ricchezze dell’oriente cristiano. Ormai, si parla di oriente e occidente come di due schieramenti militari: la guerra di Putin sta oscurando quello che diceva Giovanni Paolo II: “La Chiesa deve imparare a respirare nuovamente con i due polmoni, quello occidentale e quello orientale”. Dovrebbe esserci tra di noi lo scambio dei doni, non quello delle bombe.
Noi occidentali siamo spesso presuntuosi, vantando le nostre ricchezze economiche e tecnologiche. L’Oriente è certamente più povero, ma ha ricchezze di altra natura. La Chiesa orientale è spesso asservita al potere politico, a differenza di quella occidentale, che ha rivendicato nei secoli la sua autonomia rispetto agli Stati, rischiando però di mettersi in competizione e di diventare un potere in mezzo a tanti altri poteri. Noi affermiamo giustamente l’importanza delle opere dell’uomo, ma talvolta rischiamo di trasformare Dio in un legislatore e giudice, oscurando il suo volto di Padre. Gli orientali mettono invece l’accento sulla contemplazione dell’opera di Dio: per loro, Dio è bello, prima ancora di essere buono, sapiente, giusto e onnipotente.
La bellezza di Dio viene ricordata nel vangelo di questa domenica. Gesù prende con sè tre discepoli e sale sul monte Tabor; lì, viene “trasfigurato”, la sua umanità diventa come lo specchio dello splendore divino. Questa luce immateriale illumina i tre spettatori e Pietro esclama: “Maestro, è bello per noi stare qui” (Mt 17,4): egli vorrebbe rimanere sul monte, ma Gesù lo riconduce al piano, alla vita quotidiana, che però sarà illuminata da quell’esperienza indelebile, da quel fuoco ardente, che ormai non si spegnerà più e che sorregge l’uomo nel suo difficile cammino.
Non si può assistere a una liturgia orientale senza sentirsi avvolti dalla memoria di questa bellezza; anzi, è sufficiente entrare in una delle loro chiese, perché ci si rende conto subito che essa è pensata come un frammento di cielo sceso sulla terra. Dalle icone, i santi sono una presenza viva e ti guardano con uno sguardo di misericordia fraterna. La tua povertà, il tuo dolore diventano il motivo della certezza di essere amato. Il Cristo appare nelle vesti del Pantocrator, del Signore della storia: ma il credente viene prima portato davanti all’immagine del Crocifisso. La croce si eleva su un piccolo monte, che certamente richiama il Calvario: ma esso è anche il monte della trasfigurazione, perché lì la morte diventa fonte di vita, la sconfitta è vittoria, l’amore prevale sul male.
La guerra vuole distruggere tanta ricchezza spirituale. Ma anche noi siamo esposti alla perdita della nostra ricchezza. Dobbiamo metterci insieme in ginocchio, a chiedere perdono per le nostre complicità, grandi o piccole che siano, e per invocare la pace e la riconciliazione, che potranno venire solo da un dono divino; “Questo è impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio” (Mc 10,27).
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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