La seconda riunione del 2022 della cabina di regia tra Ministero della salute, Istituto superiore di sanità e Regioni/Province autonome, nel fare il punto di inizio anno sulla quarta ondata dell’epidemia di nuovo coronavirus, sempre più caratterizzata dal rapido avanzamento della variante omicron (che ha ormai una prevalenza stimata all’81%, secondo l’ultima indagine rapida condotta dall’Iss e dal ministero), ha evidenziato l’ennesima impennata dei contagi.
Il monitoraggio sullo stato della pandemia in Italia ha certificato infatti il boom dell’incidenza settimanale, che ha fatto registrare un altro preoccupante incremento, passando da 1.669 a ben 1.988 nuovi casi di positività riscontrati ogni centomila abitanti; un valore che è ormai per l’undicesima settimana consecutiva al di sopra della soglia di attenzione di cinquanta nuovi casi ogni centomila abitanti, quella che secondo il Comitato tecnico-scientifico consentirebbe – se non fosse oltrepassata – il miglior controllo possibile della circolazione del virus grazie a un più efficiente contenimento (identificazione dei casi + tracciamento dei relativi contatti). Ma l’Italia, in questa fase, è sempre più lontana dal rientrare sotto quella soglia, con il trend che da oltre due mesi è in costante crescita.
Secondo i numeri del ministero e della Protezione civile, nel frattempo il valore dell’indice di trasmissibilità medio – calcolato sui casi sintomatici – dell’infezione da virus Sars-Cov-2 è arrivato a quota 1,56 (range: 1,24 – 1,80), in aumento rispetto alla rilevazione precedente; un dato che risulta ormai per l’undicesima settimana consecutiva al di sopra della soglia epidemica (Rt = 1), il valore che separa convenzionalmente una situazione di epidemia in avanzamento (quando Rt è maggiore di 1) da una situazione di epidemia in regressione (quando Rt è inferiore a 1).
È in lieve diminuzione, invece, il cosiddetto “Rt ospedaliero”, ovvero l’indice di trasmissibilità calcolato sui casi di Covid-19 che necessitano di ricovero ospedaliero: un valore sceso a quota 1,2 (range: 1,18 – 1,22) rispetto all’1,3 della rilevazione precedente, anche se comunque ancora al di sopra della soglia epidemica.
Resta alta, in ogni caso, l’allerta sugli indicatori relativi alla pressione sulle strutture ospedaliere, con diverse regioni e province autonome già in zona gialla (Abruzzo, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sicilia, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto e Province autonome di Trento e di Bolzano) e alcune di queste – in particolare la Valle d’Aosta – a rischio di zona arancione.
Il tasso di occupazione nei reparti di terapia intensiva a livello nazionale è salito nuovamente, passando dal 15,4% del 6 gennaio al 17,5% del 13 gennaio, mentre nello stesso lasso di tempo anche il tasso di occupazione in aree mediche ha fatto registrare un incremento, dal precedente 21,6% all’attuale 27,1%.
Per quanto riguarda la classificazione del rischio epidemico, secondo l’ultima rilevazione disponibile ben tredici tra regioni e province autonome sono classificate a rischio alto, mentre le altre otto sono considerate a rischio moderato; tra queste ultime, tuttavia, cinque sono sotto osservazione perché ad alta probabilità di progressione verso uno scenario peggiore. Quasi tutte le regioni e province autonome, inoltre, hanno riportato almeno un’allerta di resilienza, mentre dieci di loro hanno riportato molteplici allerte di resilienza.
Prosegue, nel frattempo, il deciso aumento del numero di nuovi casi di Covid-19 non associati a catene di trasmissione (più che raddoppiati dai 309.903 del monitoraggio precedente agli attuali 649.489), mentre è in forte diminuzione (dal 16% al 13%) la percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti. In diminuzione anche la quota di casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (dal 50% al 48%), mentre è aumentata la percentuale (dal 34% al 39%) dei nuovi casi diagnosticati attraverso le attività di screening.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
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