Domenica 13 giugno, alle 20.30 saremo in piazza per manifestare tutto il nostro sgomento e la nostra rabbia per la terribile scomparsa di Saman Abbas, la coraggiosa diciottenne che ha rifiutato di sottomettersi all’imposizione di un matrimonio coatto da parte della famiglia, pagando con la morte la sua ribellione. Piazza Prampolini si riempirà di voci, gesti, testimonianze e pensieri: chiamiamo tutta la comunità cittadina a unirsi a noi. Il presidio è organizzato da Non Una Di Meno Reggio Emilia, insieme a Non Una Di Meno Modena, Non Una Di Meno nazionale, Studenti Autorganizzati, con l’adesione dell’Associazione Nondasola e di tantissime soggettività collettive e singole.
Siamo sgomentɘ e arrabbiatɘ davanti a questo femminicidio che ha insanguinato e scosso la terra d’Emilia, l’ennesimo in Italia e nel mondo. Siamo doppiamente sgomentɘ e arrabbiatɘ perché l’incommensurabile violenza a cui assistiamo è amplificata, ancora una volta, dalla violenza mediatica e politica di chi vorrebbe strumentalizzare i nostri corpi e le nostre lotte.
La mano che ha ucciso Saman è la stessa che da gennaio 2021 a oggi ha ucciso 45 donne nel nostro Paese. La mano di partner, ex, familiari, conviventi e conoscenti che hanno rifiutato la pretesa di queste donne di essere libere e poter scegliere per loro stesse. La mano di rispettabili cittadini che abusano in casa, molestano sui posti di lavoro, aggrediscono in strada.
Il termine per definire tutto questo esiste e deve essere nominato anche quando parliamo di ciò che è accaduto a Saman: femminicidio.
Lottiamo tutti i giorni contro la violenza sulle donne e di genere e contro le narrazioni mediatiche che la giustificano. Sappiamo che, quando a commettere un femminicidio è un uomo italiano/bianco non sentiremo parlare di violenza maschile o di eterocispatriarcato ma di gelosia, troppo amore, ordine naturale della famiglia. Sappiamo che, quando a commettere un femminicidio è un uomo non “italiano”/non bianco, sentiremo parlare di difesa dei diritti delle donne dall’alto di una presupposta quanto fasulla superiorità culturale.
In Italia solo nel 1981 sono stati cancellati il delitto d’onore e il matrimonio riparatore; solo nel 1997 lo stupro è diventato reato contro la persona e non più contro la morale. Questi passaggi non sono il frutto di un’intrinseca propensione occidentale all’uguaglianza di genere, ma della rivolta collettiva e soggettiva di tante donne e femministe che hanno rifiutato la subalternità come un destino segnato.
In Italia la violenza contro le donne che non hanno la cittadinanza è resa strutturale da leggi che vincolano i documenti di soggiorno alla famiglia di origine per motivi di reddito e di residenza, anche nei casi in cui è stata denunciata violenza. La violenza strutturale passa anche attraverso il fatto che in Italia non esiste una legge sulla cittadinanza per chi è natɘ e cresciutɘ qui.
In Italia tantissime ragazze e donne vivono l’odio e la violenza di una società e di famiglie che rifiutano le loro scelte, il loro orientamento di genere e sessuale, come Maria Paola Gaglione, uccisa dal fratello per la sua relazione con Ciro, ed Elisa Pomarelli, uccisa perché lesbica da un “amico” che aveva rifiutato. Tutte le retoriche sulla nazione civile non hanno impedito questi femminicidi.
Non esistono patriarcati più duri di altri: esiste la violenza contro le donne e le altre soggettività che si ribellano a un presunto ordine naturale o tradizionale. Il femminicida, lo stupratore, non ha mai un colore o una cittadinanza definite, ma ha spesso le chiavi di casa ed è un maschio.
Continueremo a batterci per snidare, ovunque si manifesti, la violenza strutturale e sistemica, che affonda le pervasive radici nel sistema e nella cultura patriarcale, e perché i Centri Antiviolenza siano al centro di un piano strutturale e non emergenziale contro la violenza sulle donne e di genere. Grazie all’enorme lavoro che svolgono e alle competenze sviluppate in più di trent’anni di attività, che mettono al centro i bisogni e i desideri delle donne, è possibile creare degli spazi per intraprende percorsi di fuoriuscita dalla violenza.
In Turchia, uno dei principali partner politici ed economici dell’Unione Europea, così come in molti paesi dell’Est, oggi è sotto attacco la Convenzione di Istanbul che condanna il matrimonio coatto: molte donne, in molte parti del mondo, verranno private di uno strumento per affermare la propria libertà.
Domani sera la piazza si riempirà del grido di tutte le donne e persone Lgbtqia+ che ovunque stanno combattendo ogni forma di violenza patriarcale e razzista. Saremo anche il grido di Saman e di tutte quellɘ che come lei non hanno più voce.
Ultimi commenti
Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]