Debutta il 27 gennaio, nel Giorno della Memoria, il giovane rapper torinese OBI, che lancia su tutte le piattaforme digitali il suo “Hotel Birkenau” (Sound To Be).
Una mossa azzardata, forse, per un aspirante artista che esordisce coraggiosamente con una canzone che va ben oltre qualsiasi logica commerciale e che tocca un argomento così delicato.
Curioso e promettente, e tutt’altro che surreale in queste vesti per sensibilità e curriculum, il ventenne parte in quarta e propone in tutta semplicità una storia molto più grande di lui, ma naturalmente (e purtroppo) accaduta realmente.
“Un brano nato quasi per caso – racconta OBI – come quelle avventure nella vita che non si cercano ma semplicemente accadono. Stavo preparando il mio esame di Pedagogia della Shoah e, grazie all’aiuto del mio professore Raffaele Mantegazza, ho cercato di capire come i meccanismi umani possano inspiegabilmente diventare disumani, fino a mettere in azione i fili di un grande teatro malefico come l’Olocausto. Così, senza pretenderle, sono arrivate le prime parole e le altre a susseguirsi a cascata”.
“Parlo di un uomo qualunque – continua il cantautore – con una vita qualunque; un uomo che non decide di prendere un treno, ma altri decidono di farglielo prendere. Nel viaggio questi pezzetti di umanità si perdono rapidamente, come da una valigia immaginaria, lasciando spazio solo ai bisogni primari. Lì dove la vita comincia, finisce l’Hotel Birkenau. Lì dove tutti gli aspetti umani svaniscono, ne rimane solo uno universale: la morte”.
Prodotto da Raffaele “Rabbo” Scogna, già noto nell’ambito musicale per essere non solo un producer di talento, ma anche il compagno di viaggio e di vita di Lamo, altra giovane promessa di Sound To Be, il brano (struggente quanto funzionale nella sua delicatezza armonica) regala una chiusa determinante e incisiva, con l’inconfondibile sirena che solo un campo di prigionia richiama con fervida memoria e che è capace di instillare quel brivido di rabbia che continua a bruciare dentro anche una volta finita la canzone.
OBI (all’anagrafe Mattia Strafile) è sì all’esordio, ma di cose ne ha già fatte molte. Nasce a Torino il 31 maggio 2001 e approccia alla musica hip hop all’età di 11 anni: dapprima con il disco “Controcultura” di Fabri Fibra, e successivamente con la break dance, contesto musicale in cui comincia ad interessarsi anche al rap.
All’età di 13 anni guardando “8 Mile”, celeberrimo film che vede Eminem come protagonista, scopre il mondo del freestyle e ne rimane folgorato. Dal 2014 inizia così una lunga e faticosa gavetta nei contest di freestyle rap, e quattro anni dopo ne vince uno importante, il Flexin Battle, che gli permetterà di aprire Noyz Narcos al Brixton Jam di Londra. Non sarà questo l’ultimo personaggio d’importanza a cui OBI aprirà il concerto, perché nel tempo spunteranno anche i nomi di Luchè e Vacca.
Nel 2020 viene notato da Tommaso Colliva, produttore discografico che vanta la vittoria di un Grammy Award e varie produzioni internazionali (Muse) e nostrane (Diodato, Afterhours, Night Skinny, etc.): con lui comincia a scoprire nuove sonorità che variano dal soul al jazz, dall’r&b al funk, e che faranno da “tappeto” sonoro – nell’attesa di un vero e proprio debut album – ai brani che saranno pubblicati nell’arco di quest’anno.
Da tenere d’occhio.
Mattia è uno di quegli studenti che ogni professore vorrebbe avere in aula. Sono onoratissimo di essere stato anche minimamente di ispirazione per questo bellissimo brano. Queste cosa fanno capire che il lavoro sulla memoria serve sempre e soprattutto che i ragazzi hanno una marcia in più