In occasione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ha diffuso i dati relativi all’anno in corso.
Le donne che si sono rivolte ai 15 centri antiviolenza del coordinamento regionale emiliano-romagnolo dal primo gennaio al 31 ottobre di quest’anno sono state complessivamente 3.766: 3.550 di queste (pari al 94%) hanno subìto violenza. Le cosiddette “nuove vittime”, ovvero le persone che si sono rivolte per la prima volta a un centro antiviolenza, sono state 2.451, mentre sono 1.099 le donne ancora dentro un percorso iniziato negli anni precedenti.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto è stato registrato un aumento rispetto al 2021, dovuto in particolare a un incremento dei percorsi superiori a un anno. Per il coordinamento questo dato “evidenzia, da un lato, la determinazione delle donne nel portare a termine il progetto di fuoriuscita dalla violenza, ma dall’altro riflette un aumento dei casi di violenza più gravi, che solitamente comportano iter più lunghi”.
In crescita anche la percentuale di donne che hanno subìto violenza sessuale: “Un dato di difficile interpretazione, poiché sappiamo che l’incremento dei casi registrati non sempre corrisponde a un maggiore numero di reati, ma spesso riflette il dato positivo di una maggiore emersione del fenomeno, generalmente caratterizzata da un forte sommerso”.
Nel periodo preso in considerazione, le donne ospitate nei centri antiviolenza del coordinamento regionale sono state 283, con un aumento di 22 punti percentuali rispetto all’anno precedente (nel 2021 erano state 232); i figli e le figlie al seguito di queste donne sono stati 261, con un incremento di 9 punti percentuali rispetto all’anno precedente (quando erano 240), per un totale di 544 persone ospitate. Le notti di ospitalità offerte sono state complessivamente 48.268, per una media di 89 notti a persona.
“La violenza di genere riempie ancora troppo spesso le pagine di cronaca nera”, ha osservato il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna: “I femminicidi si sono ripetuti con progressione impressionante, anche solo nelle ultime due settimane. L’ultima donna uccisa è stata ritrovata, bruciata, nel bagagliaio della propria auto nel modenese. In questi giorni il nostro pensiero va anche a Saman Abbas, il cui corpo sembra essere stato ritrovato dopo oltre un anno di ricerche”.
“È fondamentale creare spazio e risorse affinché la violenza sia riconosciuta in tempo utile, perché le donne possano denunciare senza paura e liberarsene. Riconoscere la violenza di genere significa parlarne nei giusti termini, fornire strumenti a tutti gli attori coinvolti, dalla polizia alle istituzioni, perché possano offrire risposte adeguate; significa evitare la vittimizzazione secondaria nei percorsi giudiziari e nella narrazione della violenza resa dalla stampa”.
Nel presentare i dati, ha spiegato il coordinamento, “vogliamo ribadire che la violenza sulle donne è un fenomeno che va contrastato fin dalle sue radici, nella struttura patriarcale su cui si fonda, con interventi diffusi e capillari e una disponibilità al cambiamento che vada oltre le frasi di circostanza”.
Rispetto al 2021 “aumentano le donne in percorso da anni precedenti, mentre diminuiscono di poche unità le donne nuove che subiscono violenza. Un dato che indica, in generale, una maggior durata dei percorsi di fuoriuscita dalla violenza. A partire dall’esperienza dei centri, questo può essere letto come indicatore di due fenomeni: da una parte la lunghezza dei percorsi di fuoriuscita dalla violenza dipende in larga parte dalla gravità della situazione, e un allungamento dei tempi riflette quindi un generale incremento della gravità e/o complessità delle situazioni di violenza, o una maggiore difficoltà nel raggiungere autonomia abitativa; d’altra parte, è indicatore della maggiore determinazione delle donne a uscire dalla violenza e a portare a compimento i percorsi”.
Considerando solo le donne “nuove vittime” di violenza, quelle nate in Italia sono il 62%, mentre quelle non nate in Italia sono il 38%: “Un dato evidentemente molto al di sopra della presenza percentuale di queste ultime in Emilia-Romagna, che indica quindi una maggiore fragilità delle donne nate in altri Paesi nei termini di una minore disponibilità di risorse e di una rete familiare e amicale di sostegno”.
Le donne con figli e/o figlie sono il 71,8% del totale, quelle senza prole il 28,2%. Il 50% dei figli e delle figlie delle donne accolte per la prima volta nei centri emiliano-romagnoli ha subìto a sua volta violenza diretta o assistita.
Per quanto riguarda la tipologia di violenza, e tenendo presente che la stessa persona può subirne diverse forme nel tempo o anche contemporaneamente, nel 2022 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza regionali hanno raccontato di aver subìto violenza psicologica nell’88% dei casi, violenza fisica nel 64% dei casi, violenza economica nel 40,9% dei casi, violenza sessuale nel 27% dei casi (dato in aumento di alcuni punti percentuali rispetto all’anno precedente).
Quest’ultimo, in particolare, “è un dato significativo ma di difficile interpretazione, e che sarà importante monitorare nel tempo per verificarne la persistenza e la rilevanza”, ha spiegato il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna: “Attualmente non è possibile sapere se questo aumento rifletta un effettivo aumento delle donne che subiscono violenze sessuali in regione. Potrebbe trattarsi infatti di un aumento delle donne, soprattutto giovani, che avendo subìto questa forma di violenza riconoscono nel centro antiviolenza un luogo capace di dare loro aiuto e sostegno”. Ma il dato “potrebbe anche essere indicatore di una maggiore disponibilità delle donne che subiscono violenza da partner o ex partner a parlare di questa forma di violenza, e/o una maggiore attenzione delle operatrici nel rilevarla nella relazione con le persone accolte”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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