Sabato 31 agosto nella Casa Residenza per Anziani di via Vignolese si festeggia ancora una volta il traguardo delle cento candeline raggiunto da uno degli ospiti. A festeggiare i 100 anni di Sermide Ruffilli, insieme a familiari, anziani e personale della struttura, ci sarà la vicesindaca, assessora alla Sanità del Comune di Modena Francesca Maletti.
Di origini emiliane romagnole, Sermide, che ha il nome in comune con un paese del mantovano, dopo l’infanzia nella Bassa si trasferì ancora fanciulla in città con la famiglia, salvo poi essere tra gli “sfollati” a Bomporto a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Il figlio Roberto, che ne serba i ricordi, racconta di come sin da bambina si sia distinta per un profondo senso civico che l’ha accompagnata per tutta la vita anche attraverso l’impegno sociale nell’associazionismo (nell’Udi e nella Cgil) e politico (nel Partito Comunista) e soprattutto nell’Anpi che l’ha portata anche nelle scuole ad offrire la propria testimonianza di staffetta partigiana. Col nome di “Laila” pedalava da Solara di Bomporto a la Fossa di Nonantola per portare messaggi ai partigiani.
“Fortunatamente non è mai stata fermata – racconta il figlio – ma quante ansie e paure: i bombardamenti del ricognitore americano Pippo che costringevano a correre in campagna per sdraiarsi nei fossi e l’occupazione delle case da parte dei soldati tedeschi”.
Sermide era fidanzata a Nino, Angelo Gatti, che sposò dopo la guerra. Alpino nella divisione Julia e inviato a combattere sul fronte francese a 19 anni, in modo fortuito Nino evitò invece la spedizione in Russia; arrestato dai tedeschi nel ’43 a cui si sottrasse miracolosamente, divenne il partigiano Eros. “Ed Eros, con la rivoltella nascosta nei pantaloni andava a trovare Sermide nella casa occupata dai soldati tedeschi”.
Un rischio non minore di quello che correva lei quando andava ad avvertire i partigiani nascosti nei fienili dei casolari del pericolo per gli imminenti rastrellamenti nazifascisti. “Tra tutti, Sermide ricorda ancora con orrore un fascista che partecipava ai rastrellamenti con due cani al guinzaglio che mettevano paura”. Lo ha rivisto alcuni anni dopo la fine della guerra nell’azienda in cui era operaia: “I loro sguardi si sono incontrati, poi lui lo ha abbassato perché ormai aveva vinto Sermide e chi la pensava come lei. Per fortuna dopo poche settimane, lui se ne andò”.
Anche dopo il periodo della Resistenza e quando, alla fine degli anni ’50 si trasferì con la famiglia a San Damaso, la bicicletta “con cui ha macinato migliaia di chilometri e da cui saliva e scendeva al volo fino alla soglia dei 90 anni”, è stata per Sermide praticamente l’unico e fedele mezzo di trasporto.
A San Damaso, “dove negli anni ’60 c’era solo campagna”, Nino acquistò “un pezzo di terreno” e con la moglie costruirono, con tanti sacrifici e duro lavoro, la loro casa. Lei in bicicletta andava al lavoro in città: prima da Fini “a fare i tortellini” e poi, per oltre vent’anni, fino alla pensione, al Frigorifero Valpadana.
Oggi alla soglia dei 100 anni i ricordi sono un po’ annebbiati. Sermide non si fa più “bella” per partecipare, con al collo il fazzoletto tricolore dell’Anpi, alle commemorazioni del 25 Aprile presso il cippo dei caduti partigiani, a cui commossa interveniva. Resta il piacere di un caffè ascoltando un po’ di musica ma all’occasione non manca di intonare con fierezza “Bella Ciao”, meglio se sulle note di una fisarmonica.
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