La Procura della Repubblica di Bologna – Dipartimento Antiterrorismo [magistrato assegnatario dottor Stefano Dambruoso] ha coordinato un’indagine condotta dal ROS – Sezione Anticrimine di Bologna e dal Comando Provinciale Carabinieri di Bologna culminata con l’odierna esecuzione di una misura cautelare personale a carico di 12 persone ritenute, a vario titolo, responsabili di promuovere e organizzare una associazione finalizzata al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico dello Stato italiano, con l’obiettivo di affermare e diffondere l’ideologia anarco-insurrezionalista, nonché di istigare, con la diffusione di materiale propagandistico, alla commissione di atti di violenza contro le Istituzioni politiche ed economiche dello Stato impegnate nella gestione dei Centri Permanenti di Rimpatrio e nella realizzazione di politiche in materia migratoria.
L’esecuzione del provvedimento in parola, che consta di sette misure di custodia cautelare in carcere, cinque sottoposizioni all’obbligo di dimora nel comune di Bologna, di cui quattro con dell’obbligo di presentazione quotidiana alla P.G, e contestuali perquisizioni personali e locali, è tutt’ora in corso in diverse città italiane quali Bologna, Milano e nella provincia di Firenze.
L’inchiesta, convenzionalmente denominata “Ritrovo”, trae origine dalla commissione di un attentato incendiario perpetrato, nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre 2018, ai danni di alcuni ponti ripetitori delle reti televisive nazionali e locali, di apparati di fonia dei ponti radio delle forze di polizia e antenne di ditte che forniscono servizi di intercettazioni e di sorveglianza audio-video alle AA.GG, tutti ubicati a Bologna in via Santa Liberata, località Monte Donato. In quel contesto, oltre a rinvenire materiale vario necessario ad avviare la combustione, si accertava la presenza della scritta vergata su di una parete di quella struttura «SPEGNERE LE ANTENNE, RISVEGLIARE LE COSCIENZE SOLIDALI CON GLI ANARCHICI DETENUTI E SORVEGLIATI».
La tipizzazione dell’atto di rivendicazione, desumibile dal contenuto della citata scritta, ha, fin da subito, indirizzato le investigazioni nei confronti di vari esponenti dell’area anarchica attivi a Bologna ed orbitanti nell’alveo dello spazio di documentazione denominato “Il Tribolo”. Il perfezionarsi delle investigazione, caratterizzato dalla sinergica predisposizione di attività di intercettazione, di servizi di osservazione e dall’acquisizione di riscontri documentali, consentiva di ricostruire l’esistenza di una articolata trama di rapporti tra gli attuali indagati e diversi gruppi affini, operanti in varie zone del territorio nazionale, incentrati sulla sistematica attività di istigazione a delinquere che veniva posta in essere anche avvalendosi di pubblicazioni su blog e siti d’area, il tutto finalizzato a contrastare, anche mediante ricorso alla violenza, le politiche in materia di immigrazione e, in generale, le istituzioni pubbliche ed economiche, con indicazione di obiettivi da colpire e le modalità di azione. A ciò si aggiunge che è stato possibile accertare – nell’ottica degli investigatori- il particolare attivismo degli indagati nell’organizzazione e partecipazione a momenti di protesta che, sospinti dalle richiamate ideologie anarchiche, sono sfociati in atti di danneggiamento, deturpazione e imbrattamento di luoghi pubblici e privati nonché, in alcune circostanze, anche in scontri violenti con le forze dell’ordine.
In tale quadro è da collocare l’attentato incendiario di Monte Donato sul quale, per quanto complessivamente evidenziato dalla manovra investigativa, può ritenersi trattarsi di un atto compiuto nella convinta realizzazione degli scopi eversivi dell’associazione, per la cui esecuzione fondamentale è stato l’apporto di uno degli indagati, così come evidenziato dai gravi indizi raccolti.
L’inchiesta ha altresì consentito di contestare agli indagati l’organizzazione di manifestazioni pubbliche e cortei non autorizzati dalle competenti Autorità con l’obiettivo di contrastare e impedire l’apertura dei Centri Permanenti di Rimpatrio, attuata dalla legislazione voluta dal Governo sulla gestione dell’immigrazione, provocando, anche, scontri violenti con le Forze dell’Ordine, nonché danneggiamenti di condomini ed edifici pubblici, con l’apposizione di scritte di carattere minatorio e offensivo nei confronti delle Istituzioni dello Stato, e di sportelli bancomat di Istituti di credito di rilievo nazionale, quale la Banca Popolare Emilia Romagna di Bologna, intesa questa come lotta contro le strutture economiche dello Stato.
Di supporto a tali azioni sono da segnalarsi la realizzazione e diffusione, anche con l’uso di strumenti informatici, di opuscoli, articoli e volantini dal contenuto istigatorio, tesi ad aggregare nuovi proseliti impegnati nelle loro “campagne di lotta”.
Le evidenze raccolte in questo ultimo periodo, caratterizzato dalle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica del Covid-19, hanno evidenziato l’impegno degli appartenenti al sodalizio de quo alla organizzazione di riservati incontri tesi ad offrire il proprio diretto sostegno alla campagna “anti-carceraria”, accertando la loro partecipazione ai momenti di protesta concretizzatisi in questo centro. In tale quadro, l’intervento, oltre alla sua natura repressiva per i reati contestati, assume una strategica valenza preventiva volta ad evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale, scaturibili dalla particolare descritta situazione emergenziale, possano insediarsi altri momenti di più generale “campagna di lotta antistato” oggetto del citato programma criminoso di matrice anarchica.
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Anche l' Ordine degli Avvocati di Reggio Emilia .
Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]