Visitare il Museo della Storia della Psichiatria di sera è già di per sé un’occasione unica, perché, all’imbrunire, immaginiamo di poter sentire i sussurri dei racconti e delle storie delle persone che lo hanno popolato. Se poi, in questo viaggio, si è accompagnati dalle voci degli attori e dalla musica, l’esperienza potrà essere ancora più immersiva. Quali racconti abbiamo perduto di coloro che vissero nel Manicomio San Lazzaro? Quali storie ci raccontano gli oggetti che sono custoditi nel Museo? Alcune brevi incursioni teatrali, con gli attori della compagnia Teatro del Cigno, accompagnate dalle musiche di Nicola Manzan tratte da “La Città del Disordine. Storie di vita dal Manicomio San Lazzaro”, permetteranno ai visitatori una connessione inedita con uno dei Musei più affascinanti della città che merita di essere scoperto, riscoperto e amato. Il Museo della Psichiatria è inserito nella rete dei Musei Civici.
Cenni storici L’edificio del “Lombroso”, di per sé documento esemplare della storia della psichiatria, fu concepito inizialmente (1891) come reparto per malati cronici tranquilli e intitolato al primo direttore del San Lazzaro, Antonio Galloni. Nel 1911 fu poi trasformato nella Sezione Lombroso, appositamente progettata per ospitare “pazzi criminali dimessi” e “detenuti alienati”; quindi, a partire dal 1972, venne gradualmente abbandonato. Dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948 il padiglione ha ospitato anche il pittore Antonio Ligabue.
Nelle celle al piano terra sono esposti strumenti scientifici, di contenzione e di terapia, che testimoniano l’applicazione quotidiana delle teorie che per lungo tempo considerarono i pazienti come “malati pericolosi per la comunità”. Tra i numerosi pezzi in mostra nelle sale al piano terra, si possono trovare camicie di forza, macchine per l’elettroshock, i famigerati “caschi del silenzio” e un apparecchio per il cosiddetto “bagno di luce”, che nelle intenzioni degli ideatori avrebbe dovuto produrre sui pazienti un effetto analgesico. Nei tre ampi saloni che precedono le celle, è invece illustrata la storia del San Lazzaro e degli strettissimi intrecci con la storia della psichiatria, della quale l’istituto reggiano fu per molti anni uno dei più significativi presidi in Italia.
Le operazioni di restauro, supervisionate dalla Sovrintendenza ai Beni architettonici e ambientali, pur nel rispetto della conformazione originaria dei suoi spazi, materiali e cromatismi, hanno saputo rievocare la particolare atmosfera del luogo, lasciando trasparire i segni lasciati dall’uomo e dal tempo col loro carico di suggestioni e di vissuto. Particolare attenzione è stata riservata alla conservazione dei graffiti, eseguiti dai pazienti anche all’interno delle celle, realizzati nei modi più diversi, addirittura con le suole delle scarpe. Il restauro può definirsi dunque opera di “archeologia della contemporaneità”, che ha visto progettisti, restauratori e operai impegnati, con grande meticolosità, nel restauro dei suoi spazi. L’edificio si pone infatti come museo di se stesso, contenitore, ma anche contenuto eloquente di una storia, di cui i muri sono esplicita testimonianza.
Venerdì 28 luglio, alle ore 21.30 (con replica alle ore 22.30) nel Museo di Storia della Psichiatria, (via Amendola, 2) nuovo appuntamento con “Mirabili Stanze”, ciclo di visite teatrali, a cura della compagnia Teatro del Cigno. La partecipazione alle visite è gratuita, i posti sono limitati, si consiglia la prenotazione. Info e prenotazioni: tel. 0522. 456816 (in orario di apertura di Palazzo dei Musei)
Tutte le informazioni sul sito: www.musei.re.it
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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