I manifesti per promuovere la petizione #stopgender dell’associazione Pro vita e famiglia sono stati oggetto di diverse segnalazioni giunte al Comune di Modena da parte di cittadini che li hanno indicati come discriminatori e si sono sentiti urtati dal loro contenuto, ritenendolo “violento e inappropriato”. Prendendo atto delle segnalazioni, l’Ufficio Pari opportunità ha, a propria volta, segnalato il manifesto all’Istituto di autodisciplina pubblicitaria (Iap) chiedendo di verificare se le immagini e il testo riportato violassero il Protocollo d’intesa sottoscritto dall’Istituto con l’Anci nell’intento di consolidare modelli di comunicazione ispirati al rispetto del principio delle pari opportunità e della dignità della persona.
Lo ha precisato l’assessora alle Pari opportunità Grazia Baracchi nel corso della seduta del Consiglio comunale di giovedì 19 gennaio, rispondendo all’interrogazione proposta da Alberto Bignardi (Pd) per chiedere quali provvedimenti potesse attuare l’amministrazione rispetto a “un tipo di comunicazione violenta che incrementa le discriminazioni”, se fossero state rispettate le linee guida comunali per le affissioni e quali siano le iniziative del Comune per contrastare la discriminazione basata sul genere e sull’orientamento sessuale.
Nella risposta, l’assessora Baracchi ha riferito che il Comitato di controllo dello Iap non ha ritenuto di intervenire, archiviando il caso alla luce delle norme contenute nel Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale. Anche in recenti pronunce, infatti, il Giurì ha sottolineato che “la comunicazione sociale, come quella in questione, gode di maggiori margini di libertà rispetto alla comunicazione commerciale, sulla base del principio di tutela della libertà di pensiero garantita dalla Costituzione. Ciò purché sia evidente che si tratta dell’opinione dei promotori della campagna e che le modalità comunicazionali ed espressive adottate non si pongano in evidente contrasto con specifiche norme del Codice di autodisciplina”.
Baracchi ha spiegato anche che, per mancanza del necessario decreto attuativo non ancora emanato dal governo, la Polizia locale, interessata del caso, non ha potuto procedere con la contestazione dell’articolo 23 comma 4bis del Codice della strada, che vieta sulle strade e sui veicoli “qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell’appartenenza etnica, oppure discriminatori per l’orientamento sessuale, l’identità di genere e le abilità fisiche e psichiche”.
L’assessora Baracchi ha ricordato, infine, le azioni contro le diverse forme di discriminazione attuate dal Comune di Modena, che aderisce alla rete Ready delle amministrazioni locali. Tra le diverse iniziative per prevenire e contrastare le discriminazioni dovute all’orientamento sessuale, che vanno sotto lo slogan “Siamo tutti uguali diversi”, ci sono la Giornata contro l’omotransfobia, che “nel 2023 – ha annunciato l’assessora – sarà incentrata sulla prevenzione del bullismo omobitransfobico nella scuola”; la convenzione stipulata già nel 2015 con Arcigay per realizzare un programma di azioni positive, come un percorso di consulenza psicologica, e di iniziative di sensibilizzazione sul rispetto delle differenze; lo sportello antidiscriminazione attivato dall’assessorato ai Servizi sociali e collocato all’interno del Centro per le famiglie.
Aprendo il dibattito Elisa Rossini (Fratelli d’Italia) ha sostenuto che la campagna in questione “non aveva niente a che vedere con le discriminazioni. Contestava l’introduzione della teoria gender nelle scuole, rispetto alla quale esiste grande dibattito nel Paese. L’intento era ridare ai genitori la priorità educativa sui temi della sessualità chiedendo di impedire questo insegnamento. Modena è una città che non discrimina – ha aggiunto – e quindi non dovrebbe discriminare chi la pensa diversamente”.
Giovanni Bertoldi (Lega Modena) ha considerato l’interrogazione “strumentale per riportare in Consiglio il tema della discriminazione”. Il consigliere ha evidenziato come sia legittimo “ritenere inappropriati certi insegnamenti per bambini su tematiche che affronteranno più avanti. La libertà di opinione deve essere sempre rispettata”. Il consigliere ha ricordato, infine, che il Comune non ha commesso nessuna irregolarità nella pubblicazione di quel manifesto. Stefano Prampolini ha affermato di non aver rilevato discriminazione nella locandina della campagna: “Ho solo trovato l’espressione di un’idea che condivido poiché certi temi possono condizionare facilmente l’infanzia”.
Irene Guadagnini (Pd) ha chiarito che “nessuno vuole insegnare l’orientamento sessuale: ciò che conta è insegnare a non discriminare”. La consigliera ha infatti affermato che obiettivo del lavoro scolastico “deve essere educare i ragazzi ad accogliere e ad ascoltare, e intercettare la loro richiesta d’aiuto”.
Per Camilla Scarpa (Sinistra per Modena) “è un bene che temi discussi in città arrivino in Consiglio”. Poi, condividendo le proprie perplessità sulla natura del manifesto “che veicola in maniera molto strana l’espressività del minore” ha ricordato la mancanza attuale di una legge sull’educazione sessuale ed affettiva: “Ci sono associazioni e gruppi che possono colmare questo vuoto introducendo temi come la contraccezione o la problematica delle discriminazione”.
A proposito dell’educazione alla sessualità e alla affettività, Enrica Manenti (Movimento 5 stelle) ha voluto ricordare la proposta di legge presentata, a maggio 2021, dalla deputata Stefania Ascari per l’inserimento della materia a scuola e nei corsi universitari: “Qualcosa in questo ambito si sta muovendo e forse, come Consiglio, faremmo bene a sostenerla”.
In replica, il consigliere Bignardi ha sottolineato la sofferenza di molti giovani in merito al loro orientamento sessuale, affermando che quei manifesti “sono pattume e offendono queste persone oltre a vanificare il tanto lavoro che si è fatto e si sta facendo per l’inclusione”. Per il consigliere “è legittimo dire di no all’educazione sessuale nelle scuole, ma non si può parlare di teoria del gender, che non esiste, e di scelta dell’orientamento sessuale che non si può scegliere. Quello che si fa nelle scuole – ha aggiunto – è parlare di bullismo e l’orientamento sessuale può essere una delle tante cause che lo scatenano”.
Intervenendo a chiusura del dibattito, l’assessora Baracchi ha sottolineato che le azioni nelle scuole e non solo sono orientate alla valorizzazione delle differenze. “È la legge 107 sulla Buona scuola che sollecita l’introduzione di percorsi specifici sull’accoglienza, la discriminazione, il bullismo, la violenza. E questo noi facciamo, muovendoci quindi nell’ambito della norma. La teoria gender a scuola non esiste, esistono progetti orientati al rispetto di tutte le persone”.
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
Diranno, sia a sinistra che a destra, che c'è un disinteresse della politica, in particolare dei giovani, diranno che molti non votano perché pensano che, […]
Continuano gli straordinari successi elettorali dell'area riformista liberaldemocratica,che si ostina a schierarsi sempre indissolubilmente nel campo del centrosinistra senza mai beccare nemmeno un consigliere,cosi' come […]