A Reggio si alza la tensione per l’annunciata manifestazione “Riprendiamoci Reggio Emilia”, organizzata per il tardo pomeriggio di domenica 30 marzo dal movimento di estrema destra “Rete dei patrioti”: sarà un presidio, con annesso breve corteo nelle vie limitrofe, con partenza da piazzale Marconi, davanti alla stazione ferroviaria storica della città.
Dopo che il consiglio comunale reggiano, nella seduta di lunedì 17 marzo, ha approvato un ordine del giorno per dire “no” all’autorizzazione alla manifestazione (autorizzazione sulla quale si dovrà comunque esprimere la Questura), è arrivata anche la forte presa di posizione della Federazione anarchica reggiana.
“Dopo la creazione delle zone rosse e l’impunità per le guardie che pestano i carcerati in dieci contro uno, eccoci al terzo atto dell’involuzione autoritaria che sta investendo la nostra città. Da un paio di settimane stanno girando proclami di gruppi razzisti e fascisti che vogliono scendere in piazza per ‘riprendersi la città’. Una città che, dopo la caduta del regime ottant’anni fa, non è mai stata loro, e in realtà nemmeno prima. Quindi cosa vogliono riprendersi? Il sospetto è che si vogliano accreditare non tanto come i fascisti che sono, ma come ‘italiani per bene’ che devono agire contro il degrado e riprendersi Reggio dalle mani di chissà quali forze del male. Che, attenzione, non sono le organizzazioni che hanno fatto di Reggio un crocevia dei traffici illeciti e dei reati finanziari, ma persone che fanno parte di gruppi sociali marginalizzati, di solito migranti o persone che sono considerate ‘altre’ rispetto a stereotipi razzisti di ‘italianità'”.
“Per ‘white boys‘ e ‘Rete dei patrioti’ questi sono i problemi di Reggio e dell’Italia. Non i salari da fame, gli affitti alle stelle, lo sfascio della sanità e dell’istruzione pubblica, gli omicidi sul lavoro, la violenza di genere, la spesa pubblica spostata dal sociale alle armi. No, il problema sono spacciatori e teppistelli da strada. Fra l’altro, leggendo le cronache, le persone controllate dalla polizia nelle zone rosse sono più di mille e quelle allontanate appena sedici, quindi il ‘degrado’ non è che un pretesto. Il punto è che si sta diffondendo sempre più una cultura autoritaria che non cerca di risolvere le cause della povertà e del disagio sociale, ma l’affronta semplicemente in termini repressivi con una legislazione sulla sicurezza volta a fermare i movimenti sociali e di opposizione. Per questa cultura si deve provare paura e disgusto per il povero, non per la povertà”.
Per gli anarchici reggiani “i fascisti, che non sono certo quelli ‘storici’ ma sempre fascisti sono, costituiscono uno dei mezzi che il potere usa per esercitare provocazione e violenza verso poveri, lavoratrici e lavoratori, migranti, persone non conformi e movimenti. Le loro logiche di dominio e autoritarismo sono le stesse del governo. Vogliamo una città accogliente, che dia una risposta solidale ai problemi sociali e culturali, che rifiuti ogni forma di fascismo, militarismo e autoritarismo. Rivendichiamo una città e una cultura antifasciste e, quindi, antirazziste e antisessiste; una città che non criminalizzi chi è costrett* ai suoi margini, ai percorsi impossibili per richiedere asilo, permessi di soggiorno o cittadinanza e per avere lavoro e alloggio, ma che si fondi su accoglienza e giustizia sociale. Del loro decoro di facciata non sappiamo che farcene. La dignità umana e la solidarietà sono il solo decoro in cui ci riconosciamo. La Resistenza ci ha insegnato che l’antifascismo si fa dal basso, diffondendo logiche di solidarietà: per questo bisogna mobilitarsi contro l’adunata fascista del 30 marzo. A Reggio, come altrove, per i fascisti non c’è spazio. Né ora, né mai”.
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