Contemporaneamente alla lettura del corposo romanzo di Markley, Ohio, leggevo una serie d’interviste a Clint Eastwood raccolte tra il 1971 e il 2011.
Se la narrativa cinematografica di Eastwood è rivolta all’essenzialità, come lui stesso dichiara, il romanzo dello scrittore americano, diplomato alla Iowa Writer’s Workshop, invece, è un’opera sovrabbondante di vite che si attraggono, si incrociano, si respingono, si distruggono in una trama fittissima, che ha inizio nel 2007 e con un salto temporale ci fa atterrare in una notte d’estate del 2013, sotto il cielo di piombo dell’immaginaria cittadina di New Canaan, Ohio.
Qui si ritrovano i quattro protagonisti, da anni lontani dalla loro città. Markley racconta gli avvenimenti attraverso gli occhi di ciascuno di loro, ormai adulti con una vita alle spalle spesa chi bene, chi in modo tremendo e autodistruttivo.
Tutti e quattro i personaggi sono in relazione, più o meno, con una bara vuota frustata dal vento autunnale.
New Canaan, 2007. «Il feretro non conteneva nessuna salma. La bara Star Legacy modello Platinum Rose in acciaio calibro 18, in prestito dal Walmart locale, era solo ricoperta da una grande bandiera americana». Cosi le prime righe dell’incipit.
Poi seguono le storie dei quattro personaggi, molto diversi tra loro, frequentanti negli anni Novanta lo stesso liceo: Bill Ashcraft, Stacey Moore, Dan Eaton e Tina Ross. Il capitolo che chiude il romanzo, “Lisa Han e il vuoto al termine della notte” (riverbero di Céline?), rende concreta la presenza di un personaggio decisivo per la storia, sempre evocato ma mai presente, se non nei ricordi dei protagonisti. Ultimo domicilio conosciuto di Lisa, la Cambogia, forse…
Mentre saltellavo da Eastwood a Markley e viceversa nella mia immaginazione, sudante, Lisa era diventava il tormentone “Olga” del film di Moretti “Ecce Bombo”: «Cerchiamo di dare un senso alla serata. Andiamo a trovare Olga…».
Non crediate, però di avere sotto gli occhi un romanzo banale. Tutt’altro. È scritto bene… fin troppo bene. Ma è un romanzo pretenzioso, che vuole raccontare l’America profonda, conservatrice, religiosa e razzista; i nobili ideali o le frustazioni esistenziali che spingono ragazzi ad arruolarsi per combattere i “cattivi”; il vuoto di vite grasse o anoressiche o drogate o alcolizzate o risucchiate dal nulla di uno Stato del Midwest, pianeggiante e lievemente ondulato, bagnato dal lago Eire a nord; i motivi di chi rifiuta il modello di sviluppo turbocapitalista e ama il pianeta.
Si tinge anche di giallo il romanzo dello scrittore americano. E ci sono citazioni colte.
«Meglio lascare stare… Seduto lì di notte con il braccio intorno alle spalle di Hailey, con l’odore del suo shampoo al cocco nelle narici, Dan [Eaton] si immerse nel pensiero dell’angelo che si volta a guardare le rovine».
Alla fine delle oltre cinquecento pagine uno dice: tutto s’incastra meravigliosamente, lo stile è tirato a lucido, le descrizioni praticamente in 3D, le anime sono scandagliate con rigore “scientifico”. Della scrittura (grazie alla traduttrice) abbiamo già detto.
L’estate è lunga.
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Stephen Markley, Ohio, traduzione di Cristina Mennella, Einaudi Stile Libero Big, pp. 544, 21,00 euro
Si ringrazia la Libreria del Teatro, via Crispi 6, Reggio Emilia
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Amara e splendida analisi che dovrebbe arrivare alle alte sfere!
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